Foehn

Nell'estate del 2001 a Barcellona una nuova piccola etichetta viene fondata per promuovere delle realtà musicali locali sconosciute ma già mature e stupefacenti per molti versi. Ad oggi cinque sono le uscite e ve ne consigliamo caldamente l'ascolto, scendendo nei particolari più sotto. Basti qui concludere la presentazione dell'etichetta spagnola Foehn ricordando che la principale linea rossa che collega le uscite è quella sorta di malinconia post-emotiva, intimista e personale, che spesso ritroviamo in altre etichette, per altro proprio da loro distribuite nel territorio iberico, quali 555, Tomlab, Staubgold... Una melodia insoddisfatta che serpeggia attraverso tutte le uscite, un senso di essere nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Una insofferenza che non si squalifica in un aggressione/reazione ma in una contemplazione/ammirazione per lo stato psicofisico in cui si è. Zeitgeist del nuovo millennio per i giovani? Direi di si.

Balago - Erm (Foehn, 2001)
Ursula - La Banda Sonora De Mi Funeral (Foehn, 2001)
Partiamo dalla prima uscita alla scoperta del particolare universo Foehn. Chitarre e computer. Questa la miscela sonora che guida il disco dei Balago. Ci troviamo, è bene sottolinearlo subito, dalle parti della musica cinematografica di gruppi quali Mogwai o Tram. Per essere più specifici posso citarvi due gruppi che sono ancora più vicini a questo modo di sentire, due gruppi nostrani: i Giardini Di Mirò più rallentati e, soprattutto, i Gatto Ciliegia Contro Il Grande Freddo. Proprio di questi ultimi ci si chiede quali siano gli ascolti comuni che hanno portato queste due band a comporre musica così affine anche se provenienti da due scene così povere di contatti reciproci, quali la scena italiana e quella spagnola. Gli intrecci di chitarre rallentate e le sonorità così affascinanti portano il discorso sui temi cinematografici, cui facevamo riferimento prima, di attesa e di risoluzione, di finale amaro, di scoperte inaspettate. Un grande film d'autore? Certo come solo i Piano Magic sanno fare. Postrock qui. Senza fronzoli, orpelli o altro. Tra i primi Labradford e i penultimi Hood. Un ottimo disco che non soffre dei richiami famosi, ma che si lascia ascoltare con grande piacevolezza per tutta la sua durata.
Proseguiamo sul discorso della mancanza di batteria vera e suonata. Ma ci addentriamo in un ambiente fatto di bozzetti acustici con voce di ragazza narrante, fisarmonica e uccellini sullo sfondo. Un minuto e mezzo per illuminare l'ascoltatore sulla strada di un Yann Tiersen cantato in spagnolo. Pianoforti e altri strumenti acustici si fanno strada attraverso il disco. La batteria anche se elettronica accompagna qui e là l'andatura quasi country di alcuni momenti, quasi a sottolineare la voce, alla Aidan Moffat degli Arab Strap, di David Cordero. Quello che è divertente notare è come le canzoni in effetti abbiano dinamiche assai vicine a quelle del gruppo scozzese appena menzionato, ma con una diversa strumentazione, acustica appunto, a fare da contraltare alle scarne composizioni. L'alternanza tra momenti piuttosto vuoti, minimali, e momenti piuttosto arrangiati con sonorità dalla felice scelta ci portano alla conclusione dell'album, a dire il vero molto autunnale nel suo dispiegarsi. Un disco appassionato e affascinante.

Apeiron - Todo Sigue Intacto (Foehn, 2002)
La progressiva folkizzazione del suono dell'etichetta viene qui mascherata da una fantastica coltre di musica elettronica. Mi è facile ammettere la mia netta preferenza per questo disco che trovo fantastico. Di una bellezza estrema il cantato/parlato di Belen che smuove le corde migliori di ognuno di noi. Allucinazioni, dice lei. Echi del migliore Styrofoam, di E*Vax, di tutti i migliori neomelodici della Morr, e anche delle migliori uscite 555. Ma con campionamenti alla The Books e piccoli inserti acustici come shaker mal suonati, melodiche, pianoforti che costruiscono uno spazio alla Mùm intorno all'ascoltatore. Dei Mùm manca la freddezza islandese e, forse, è una delle principali peculiarità del disco: è un disco caldo, solare nella sua vena malinconica, adatto a tutti i momenti dell'anno, a tutte le stagioni e a tutti i momenti della giornata. E all'improvviso un campione che a noi italiani dovrebbe far spaccare il cuore, anche se per molti non fa nè caldo nè freddo: Luigi Tenco sul finale di un pezzo gracchiante da una puntina storta. Magnifico. Uno dei miei dischi di elettronichina preferita di sempre. Di sempre. Fantastico. E anche il packaging, a dir il vero simile a quello di °Marsiglia° ma con molti tocchi di classe in più, non fa altro che alimentare il mio desiderio di sentire altra musica composta da questi ragazzi. Capolavoro. Non ho paura a dirlo. Sicuramente in cima alle mie classifiche di fine anno.

Tan Low - El Deuteragonista (Foehn, 2002)
Polaroide / Strand - Domestica '04 (Foehn, 2002)
Folkizzazione dell'etichetta? Ragazzo più chitarra acustica cosa vi suggerisce? Se siete un ragazzo degli anni sessanta probabilmente Bob Dylan. Se invece un simpatico giovanotto anni novanta? Un Geoff Farina modalità Secret Stars? Sì. Dichiaratamente disimpegnato, Pablo Martinez Merino è un disincantato ragazzotto che scrive le sue storie in inglese, prima volta per l'etichetta. Storie di tutti i giorni, storie d'amore e di cazzi e scazzi vari, di attese di domani, di insofferenza insomma. Quella particolare forma di insofferenza che coglie dopo l'adolescenza, quel sentire tutto non più triste come nelle depressioni da teenager ma quel senso di inadeguatezza che viene nei twenties e ti si attacca addosso come carta moschicida. A ben rappresentare tutto ciò la canzone I Hate Everything. Una morbida ballad in cui l'inadeguatezza e l'incapacità di fermare la bellezza portano l'autore a dichiararsi incapace a sentirsi normale. Tornando alla musica, nelle tracce in cui compare anche una voce femminile sembra di sentire i migliori passaggi degli Ida. Qualcuno vorrà farsi adulto e dire che queste sono solo seghe mentali di chi non vuole crescere e prendersi delle responsabilità. Quel qualcuno può anche continuare ad ascoltare la sua collezione di errori di Dylan nel tentativo di recuperare quell'ingenuità che aveva all'inizio. Io mi tengo Tan Low perchè anche io mi sento così. Ho ventiquattro anni e sfido chiunque a dirmi che non posso.
Dalla scissione ideale della musica degli Apeiron, che mischiano sonorità elettroniche e folk abbiamo visto come la componente folk sia finita in Tan Low. Quella schiettamente elettronica va a finire direttamente in questo split tra due progetti, risultato in realtà del medesimo collettivo madrileno Domestica. Il duo, che in passato ha spaziato su molti fronti nel proprio personale processo di ricerca, qui trova una chiara e semplice linea guida: il minimalismo elettronico degli Autechre. Scelta curiosa per l'etichetta il pubblicare queste fredde sequenze, scelta rischiosa e magnifica, come da comunicato stampa. Il risultato delle elucubrazioni dei due riesce veramente a colpire per la proprietà delle sonorità messe in campo e per il non facile tentativo di rendere più accessibili le geometrie del gruppo di Sheffield, rendendole poco attraenti. Il disco trova i momenti migliori quando ai glitches si aggiungono meravigliose linee melodiche di synth pieni di basso alla Add (n) To X, senza però l'aggressività di questi ultimi. La porzione del disco, più breve, a nome Strand è quella che più invece si avvicina al lavoro dei minimalisti melodici alla E*Vax e Aphex Twin, mentre quella a nome Polaroide, più lunga, alle sonorità degli Autechre appunto. Ottimo per i djset, buono per i momenti di lavoro.

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