Man Or Astroman? - A Spectrum Of Infinite Scale (Touch And Go, 2000)

Spazzate via le copertine di Karel Thole; spazzate via spiagge lunari o marziane: i Man Or Astroman? si sono definitivamente lanciati dal futuribile al futuro. I goffi astronauti che brandivano Commodore 64 come pistole laser ora sono scienziati con gli occhi rivolti all'infinito (ma Project Infinity è indietro anni luce). Il nuovo Man Or Astroman? sembra essere il disco concepito da Hal 9000 in una torrida estate su Mercurio. Il disco inizia con lo stordimento elettronico di Pathway To The Infinite (qualcosa che mai avreste potuto sentire dai MOA? di Your Weight On The Moon: Stereolab, non Link Wray): deliziosa ouverture per prepararsi alle cavalcate epiche di pezzi come Song Of The Two Mile Linear Particle Accelerator e Um Espectro Sem Escala. Il surf non è più materiale da costruzione ma nettissimo background emotivo: qui ci muoviamo nettamente dalle parti del rock strumentale lirico e chitarristico di Don Caballero (nei loro momenti più sognanti e meno gelidi) o perfino Godspeed You Black Emperor!. Poesia, calor bianco, spirito compositivo. Tutto ciò pare essere uno strano caso di convergenza evolutiva. I Man Or Astroman? hanno reinventato il post rock dall'altra faccia della spirale: mentre Don Caballero o Tortoise partono da costruzioni fredde, avant, intellettuali (ritrovando tra l'altro non molto più di ciò che avevano detto i King Crimson) i MOA? partono dal calore sanguigno, dalla polvere retrò, da generi vetusti e da immaginari del tutto pop, per sospingere tutto ciò verso un altro futuro. Un futuro che non sarà ma che sarebbe potuto essere. La macchina ha bisogno ancora di un po' di rodaggio. Se ci emozionano Song Of The..., Um Espectro Sem Escala, Curious Constructs Of Stem Like Devices... - ora sereno, ora cupo e inquieto, ora tormentato lirismo - rimangono invece esercizi di stile i pezzi della seconda metà del disco come Obligatory Part 2 Song e Spectrograph Reading. Non che siano brutti, semplicemente sfigurano rispetto ai picchi raggiunti qualche minuto prima. Veramente deludente è l'unico pezzo cantato, Within One Universe There Are Millions, qualcuno dovrebbe spiegargli che essere un gruppo puramente strumentale non è una vergogna. Attendo le vostre reazioni a sentire quello che viene sbandierato come "International Smash Hit" sulla confezione del disco, ovvero A Simple Text File: il titolo è molto più rivelatore di quanto sembri... Ah, veramente bella la copertina. Definitivamente diventati una band di questo decennio, i Man Or Astroman? sono ciò che il post rock sarebbe stato in un mondo dove gli Slint non fossero mai esistiti.

Massimo

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Notwist - Neon Golden (City Slang, 2002)

I rischi della comunicazione di massa. Pilot dei Notwist sarebbe senz'altro il singolo-tormento della vostra primavera (piacerà a voi, alla vostra ragazza e non scontenterà i vicini) se solo non ci fosse quel bruttissimo videoclip... Peccato per chi, disgustato, se ne allontanerà. Perché il disco è ottimo. Ha infatti del miracoloso il risultato formale di Neon Golden: poniamo, il disco che avrebbe fatto Aphex Twin se scrivesse folksongs…? Un'elettronica che non si piega alle esigenze della forma-canzone e che eppure ne è la spina dorsale; una forma-canzone (quasi) classica senza che quest'ultima tenti di imbrigliare innaturalmente ritmiche e loops, ma la aggrazia con preziosi tocchi di chitarra: i due mondi orbitano l'uno attorno all'altro in un unico sistema fluido, colorato. Nascono così frammenti ai limiti dello slowcore (One Step Inside...), disarmanti gioielli pop (Pilot, One With The Freaks, Off The Rails) , ponti techno tra R.E.M. e Radiohead (This Room), rovine ai margini della Beta Band (Solitaire)… Ogni pezzo è una scheggia lucida e (più o meno) ispirata, lanciata a spezzare il muro - ormai in avanzato disfacimento - tra cantautorato e musica elettronica. La cura meticolosa nei suoni e nella costruzione delle canzoni non riesce a togliere quasi mai spontaneità al risultato finale. Nell'anima e nel sound siamo più accanto a un Mark Kozelek che a un qualsiasi signore del powerbook: eppure il suono è inevitabilmente e nettamente futuribile… Pochi dischi sono stati così brillanti, sinceri e nello stesso tempo così segno dei tempi come questo. Neon Golden, nella sua sorprendente semplicità, è il simbolo di una rivoluzione che ormai è compiuta, e un buon punto di partenza per i mondi della canzone a venire.

Massimo

che dire? questo dischetto ha fatto da sottofondo a un anno
della mia vita. è il miglior cocktail possibile tra elettronica europea
e folk, tra tradizione e modernità. per dirla alla blonde redhead,
futurism vs passeism = notwist.
Andrea

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