Labradford - Mi Media Naranja (Kranky, 1997) Recensione ostica per un disco bellissimo: suoni isolazionisti malinconici e rarefatti, strumentazione rock,
parti cantate, un booklet scarnissimo (non ci sono neanche i titoli dei brani), grande pathos. Quarto disco per Labradford, band molto schiva,
della quale non si sa quasi nulla e che si esibisce poco dal vivo (ho avuto la fortuna di vederli in autunno ed è stata
una esperienza mistica, più che un concerto); già presenti nella compilation Isolationism,
non catturano logicamente al primo ascolto, ma se le trame morbide e languide riusciranno ad avvolgervi, sarà difficile
liberarsi di questi suoni. Per la prima volta sono presenti in alcune canzoni anche gli archi, che, essendo molto misurati,
conferiscono al disco un aspetto non troppo classicheggiante, anche se il sospetto di frequentazioni colte da parte dei tre si fa sempre più forte.
Inseriti nel carrozzone del post-rock, i Labradford sembrano essere una certezza all'interno di un non-genere sempre cangiante
e dominato da alti e bassi. Se non avete ancora ben chiaro il significato di termini quali "drone", "space rock", o "ambient-post rock", i sette brani contenuti nel disco più recente di questa band americana vi daranno una mano a capire quale sconvolgimento sia in atto (in verità già da un po', ma io stesso sono arrivato tardi) nello scenario musicale contemporaneo, una specie di rivo/evoluzione sonora cui è stato dato il nome di Isolazionismo: no a tutti i principali clichè rock per lasciare spazio alle emozioni, suscitate da suoni lenti, ripetitivi, malinconici, drammatici, nebulosi e struggenti. E' musica senza tempo e senza confini, capace di creare paesaggi sonori inconsueti che trasportano l'ascoltatore in uno stato di trance, che permette di dare ad ogni suono un significato diverso, di accostare ad ogni nota un pensiero, un'immagine, un ricordo. Impossibile descrivere in altro modo l'intensità di queste atmosfere irreali, ricche di pathos, di fascino e di mistero quasi romantici, e costruite con pochi, semplici accordi di chitarra accompagnati da sibilanti drones e rumorini sparsi... Forse è meglio affidarsi a ciò che, sui Labradford, è stato già scritto, ovvero: "musica commovente per i vostri sogni e per la vostra vita", "la parola giusta è: indescrivibile" (Transmissions), o - definizione con la quale più concordo - "malinconiche colonne sonore mentali e isolazioniste" (Jammai). Detto questo, devo però anche constatare un'inevitabile monotonia di fondo, che - dopo le emozioni a fior di pelle iniziali (i primi tre brani sono incredibilmente suggestivi, specie il secondo, che parrebbe composto dai God Machine! Giuro che - come nello yogurt - c'è la vita dentro!) - mi ha procurato alla fine un forte mal di testa! Sarà che devo ancora abituarmi, chissà; in ogni caso, mi sento di consigliare questo disco non tanto ai più "open-minded" tra di voi (poiché già lo possiederanno), quanto proprio ai più restii: se potete permettervi di investire qualche soldino in un'esperienza nuova, trovate il "coraggio" di ascoltare questo disco. Labradford - E Luxo So (Kranky, 1999) Continua l'uso di vocabolari stranieri per i titoli degli ultimi dischi dei Labradford, dopo Mi Media Naranja ora E Luxo So: i contenuti sono come sempre stranieri rispetto all'ascoltatore, ogni volta una nuova dimensione da esplorare; chi conosce già i Labradford è munito di coordinate per attraversare questo oceano di suoni, poco male comunque per chi è nuovo a questo gruppo, perdersi in questo mondo non è affatto spiacevole, anzi. secondo me non bisognerebbe porre troppo l'accento sul fattore melodia, perche se si considera questo disco melodico, sui low, per esempio, cosa si potrebbe scrivere? Michele Secondo me questo lavoro non è all'altezza dei precedenti. Infatti lo trovo banale e piccolo borgese, con tutti quei suoni patinati da glam-pop di bassa casta. Giudizio: 1 stella Leo Secondo me questo disco è il capolavoro della seconda fase del gruppo, quella più raffinata e ricercata, non certo patinata, in quanto credo ogni sua nota emani grande passione e profondità. E' probabilmente uno dei miei dischi preferiti di sempre e ad ogni ascolto mi mette le lacrime agli occhi. Di stelle gli darei tutte quelle che ci sono in cielo... Stefano Labradford - Fixed::Context (Kranky/Mute, 2001) Il sesto capitolo nella discografia dei Labradford è un disco che porta avanti la loro poetica dando una svolta più che dal punto di vista musicale da quello dei sentimenti descritti: è infatti presente un passaggio ad atmosfere più sognanti e positive; non sto dicendo che i quattro nuovi brani sono propriamente un inno alla vita, ma qualche passo verso una possibilità di vita più solare si comincia ad intravedere: c'è comunque una forte dose di malinconia, solo che questa volta sembra di scorgere un sorriso di disillusione... Sarà soltanto l'effetto della primavera? |