Green

Che dire della Green Records (www.greenrecords.net)? Che probabilmente da una dozzina d'anni è la più importante label italiana in ambito hardcore? Che una buona parte dei dischi più fondamentali dell'hardcore nostrano sono usciti per l'etichetta del mio concittadino (ma emigrato a Padova) Giulio Repetto? Che la "Two Days Of Struggle" da loro organizzata è stato uno degli happening più importanti della scena hc italiana? Che il loro mailorder è stato la fonte principale della crescita musicale di ogni kid (me compreso) che volesse guardare anche oltreoceano, prima che internet e le carte di credito semplificassero lo shopping "alternativo"? Da qualche anno la Green è diventata anche un fornitissimo negozio che non si limita ai dischi, ma anche ad attrezzature ed abbigliamento da skate e non solo.

Fine Before You Came - Cultivation Of Ease (Green, 2001)
Wood - Tired Words & Neurotic Symphonies (Green, 2001)
With Love - Wolf In Modern Fairytale 7" (Green, 2002)
Leggendo le mie recensioni vi sarete accorti che non amo troppo i gruppi banali (inteso come "non-originali"), che assomigliano troppo a certi cliché dei generi. Costoro sono un'eccezione, e non so neanch'io perché. Quando vidi i FBYC (nome rubato da un verso dei Van Pelt) per la prima volta non mi colpirono più di tanto: era a Genova in occasione del concerto dei The Locust, se non ricordo male, e per un po' di motivi (troppi gruppi quella sera, freddo, suoni abbastanza confusi) li trovai noiosi e troppo "spezzettati". Successivamente li vidi l'anno passato in casa loro, a Milano, prima degli americani The Stereo, ed ancora una volta all'Anti-MTV Day Bolognese dello scorso settembre, e cambiai decisamente idea: i ragazzi ci sapevano fare, dal vivo soprattutto avevano una capacità di tenere il palco da band navigata, e si notava una crescita notevole anche dal punto di vista musicale. Solo ora, però, ho la possibilità di ascoltare bene il loro disco di debutto (in attesa che la Green faccia uscire l'imminente seguito), al quale avevo dato solo un ascolto superficiale nell'autoradio di qualcuno alcuni mesi addietro. Che dire: le influenze dell'indie-emo-punk-college-"mettiungenereminoretu" americano ci sono tutte: Braid e Piebald soprattutto, ma i cinque imparano la lezione a memoria e tirano fuori sette pezzi canticchiabili ed emozionanti, ingenui, ma in senso buono, freschi e frizzanti (come solo gli Sprinzi sono riusciti a fare qui in Italia, per ora). Alcuni di loro sono coinvolti nel progetto A Sight For Sore Eyes, di casa Heartfelt.
I Wood sono di Verbania e questo è il loro secondo disco. Le loro influenze le sentite sin dai primi accordi: post-hc in stile Quicksand e Jawbox, con l'aggiunta di una melodia tutta italiana. Otto le tracce qui presenti (più un videoclip), ben registrate e ben suonate. Nonostante questo c'è qualcosa che non mi fa entrare nel disco (un buonissimo disco, per carità) come per i precedenti recensiti qui sopra: un eccessivo "ermetismo" (sicuramente voluto) nella scrittura dei pezzi, alcune ingenuità che non mi convincono fino in fondo, e forse la melodia non abbastanza "cheesy" per farmeli piacere fino in fondo in queste giornate soleggiate. Si tratta comunque di un prodotto sopra la media italiana, che supera ampiamente la sufficienza. Destinato a crescere col tempo, ne sono sicuro.
45 giri di due pezzi col buco grosso al centro per l'ultima uscita (in ordine di tempo) dei With Love, la band nostrana che tutti ci invidiano, la band che i Locust vollero con loro per un tour, tra i migliori in europa (a parer mio) a suonare "roba San Diego": due pezzi, appunto, che probabilmente sono i migliori che hanno mai registrato (ma si parla del disco in uscita come qualcosa di epocale... vedremo). Nico credo che ora viva in Olanda, quindi sarà un po' difficile vederli dal vivo, ma nel caso suonassero non perdeteli.

The Miles Apart - Storyboard (Green, 2002)
The Miles Apart - Between You And The Driving Rain EP (Green, 2001)
Qui parla il cuore: ero ancora poco più che un ragazzino quando tra i dischi di Ramones e Screeching Weasel alternavo gli acquisti che facevo durante le mie estati valdostane presso la Blu Bus (R.I.P.), di proprietà della grande famiglia Kina. Uno dei dischi di cui mi innamorai follemente era proprio Friends dei pesaresi Eversor. Ascoltato a distanza di anni (quasi otto, ad essere precisi) fa ancora il suo effetto, sebbene un maggior spirito critico acquisito con gli anni mi faccia notare che i suoni di quel disco erano veramente brutti (e metallosi, soprattutto, visto che produceva Paul Chain, se non sbaglio). Ma la cosa che ti spezzava il cuore, che ti faceva amare quel disco, era la melodia. La voce di Lele, così melodica e tirata allo stesso tempo, era il marchio inconfondibile della band, anche nei dischi successivi: September, meraviglioso, sempre su Green, ed una manciata di split e 7" fino all'effttivo testamento della band, il 10" Breakfast Club che probabilmente è anche la cosa migliore che i tre hanno mai fatto: i suoni per una volta erano perfetti (il riverbero sulla voce era una mania di Chain ed effettivamente il difetto principale dei loro dischi). In pratica però gli Eversor non si sono mai sciolti: cambiarono nome in The Miles Apart (una canzone dei Mega City Four, forse la band che più li ha ispirati e che più assomiglia al loro sound) e non smisero mai di suonare. Un altro disco su Green (Some Memories Last Forever, fantastico) e queste due uscite abbastanza ravvicinate. Storyboard raccoglie una decina di pezzi in pieno stile Eversor/Miles Apart (sì, perché musicalmente sono cambiati poco, diventando solo leggermente più pop e quindi ulteriormente più "catchy") registrate perfettamente, che canticchierete dopo il primo ascolto. Notevole, come sempre è stato, l'ottima padronanza dell'inglese, che non farebbe mai immaginare che sono italiani.
Leggermente antecedente all'album questo EP di tre pezzi e di otto minuti (l'avrei visto meglio in un 7", forse) sempre poppy, sempre melodici, sempre tirati. Un marchio di fabbrica, appunto.

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