DeSoto

Questo speciale su DeSoto (www.desotorecords.com), etichetta di Washington DC fondata da Kim Coletta e da Bill Barbot (ex-Jawbox), coincide con la chiusura definitiva dell'attività. Kim e Bill sono sposati e si vogliono dedicare a tempo pieno alla famiglia. Inutile dire che ci mancheranno.
L'etichetta, nata proprio per pubblicare i Jawbox, non ha mai sbagliato un disco, dedicandosi a poche bands, ma seguendole con attenzione nella loro crescita; l'idea che si ha è che il legame a doppio filo con Dischord non sia per nulla casuale, qui l'evoluzione del concetto di punk rock e le commistioni con l'indierock sono di casa. Quasi tutto è prodotto da quel mago di J. Robbins (tra gli altri The Promise Ring, Engine Down, Jets To Brasil).
Il catalogo dell'etichetta è molto interessante, ecco una scorsa di alcuni titoli vecchi e nuovi, con un consiglio: non trascurate questi nomi se Fugazi, Husker Du e Jawbox per voi significano qualcosa...

Shiner - The Egg (DeSoto/Wide, 2001)
The Dismemberment Plan - Change (DeSoto/Wide, 2001)
The Egg è il quarto disco di Shiner, ed è il primo che ho il piacere di ascoltare, nonostante abbia sentito voci molto positive sulla precedente carriera della band. Rock americano è la definizione che mi verrebbe in mente, non però nel senso che il mainstream dà a questo termine: niente AOR da airplay radiofonico, questa è la musica che suonerebbero le radio nella mia America ideale! Il background di Shiner è il post punk washingtoniano in odore di Jawbox, il songwriting è eccelso e le canzoni sono misurate e grintose, veramente eccellenti, anche grazie alla splendida voce di Allen Epley, con quella goccia di raucedine che spunta di tanto in tanto... La forza delle canzoni sta nella melodia agrodolce unita ad un tiro notevole, come nella esemplare Surgery, in cui la batteria regola decisa e vivace l'incedere delle chitarre, impegnate ad avvolgersi l'una sull'altra in un turbine decisamente da sogno; negli undici episodi del disco, senza mai un calo, c'è posto anche per Stoned, una ballad elettrica fulminante che chiude il disco nel migliore dei modi. Melodici ma complessi, accessibili ed intriganti, il mio stereo non riesce a liberarsene...
The Dismemberment Plan sono conosciuti da alcuni per il loro tour assieme ai Pearl Jam (la band più sopravvalutata dei novanta? E i Radiohead? Difficile scegliere...), avvenuto anche grazie alla voce di Travis Morrison, vicina in alcune cose a quella di Eddie Vedder, anche se più delicata e particolare. Musicalmente siamo da altre parti decisamente, anche se, come per Shiner, si può parlare di rock americano in senso lato (vedi recensione sopra): rispetto ai colleghi The Dismemberment Plan sono però più pop, con melodie facilmente canticchiabili. Musicalmente la miscela non è affatto malvagia, dato che il basso pulsante fornisce spesso linee guida funk, su cui si adagiano anche le tastiere, post-punk funk lo ha chiamato qualcuno... Dall'iniziale Sentimental Man, ritmata e coinvolgente, all'acustica e desolata Automatic, la trascinante Timebomb, fino al finale di Ellen And Ben, niente è lasciato al caso e il disco conquista l'interesse fin dal primo ascolto. Se tutto il rock 'melodico' fosse di questa fattura, altro che le squallide band in heavy rotation su Mtv!

Juno - This Is The Way It Goes And Goes And Goes (DeSoto, 1999)
Juno / The Dismemberment Plan - S/T (DeSoto/Wide, 2001)
I sentimenti sono il cardine di This Is The Way It Goes And Goes And Goes, conditi in salsa Fugazi/Husker Du con una forte dose di personalità e duttilità, tanto che si sfocia a volte nel suono Mogwai oppure nel lirismo cantautorale. "Life takes you where it goes or so it would seem": sussurra così la voce filtrata di Arlie Carstens alla fine di The Great Salt Lake, dopo averci raccontato la fine di una relazione, col suo modo personale ed intrigante di narrare storie; è la prima canzone del disco, lenta ed ipnotica, dotata di un crescendo portentoso, capace di estinguersi al suo apice, per lasciare posto ad una tristezza infinita. Ci scrolliamo subito la malinconia di dosso con la potente Rodeo Programmers, dove vengono descritti con sagacia i momenti in cui siamo stufi di sentire alla radio inutili hit stagionali... Mai capitato? The Young Influentials descrive con un crescendo di chitarre tonanti i rischi delle influenze giovanili e subito dopo arriva la travolgente All Your Friend Are Comedians, che esplode nello stereo gridando al mondo il disprezzo per la falsità nei rapporti umani con una determinazione e foga difficilmente eguagliabili. La seguente Leave A Clean Camp And A Dead Fire è un lungo strumentale affascinante, che fa a gara con il pezzo iniziale in quanto a bellezza: nel finale esplosivo con chitarre a pieno volume Arlie urla a pieni polmoni la sua voglia di libertà, assalito da un boato elettrico... La delicata January Arms descrive la freddezza nei sentimenti, senza disdegnare un finale elettrico e imperioso; dopo la grintosa Venus On 9th Street, focalizzata sulla difficoltà di giudicare la vita altrui, arriva The Listening Ear, in cui c'è anche la stupenda voce di Jen Wood, ballata languida e cristallina in cui si narra di un amore infelice. La finale The Sea Looked Like Lead non è da meno del resto del disco, con una chitarra satura da brividi a descrivere un tipo non proprio piacevole.
This Is The Way It Goes And Goes And Goes è un disco complesso e intrigante, che non rende appieno se non ci si concentra sui testi particolarmente curati, anche se le chitarre messe in bella evidenza dalla produzione favolosa di Kip Beelman potrebbero già bastare: assolutamente consigliato.
Molto sopra la media anche lo split EP di quattro brani tra Juno e The Dismemberment Plan, ristampa di un 7" introvabile. Due cover: Juno con High Noon di Dj Shadow, resa in modo meraviglioso ed energico, particolarmente aderente all'originale anche se suonata e non missata ai piatti! The Dismemberment Plan invece regalano la meravigliosa versione di Crush di Jennifer Page, spogliata di tutta la frivolezza, rallentata al limite della sopportazione: una ballata stravolta dal dolore, incredibile. Anche i due inediti non sono da meno, soprattutto Non-Equivalents di Juno, portentoso anthem elettrico; interessante anche il rock-disco di The Dismemberment Plan Gets Rich.

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Jawbox - My Scrapbook Of Fatal Accidents (DeSoto, 1999)
Burning Airlines - Mission: Control! (DeSoto, 1999)
Jawbox, ovvero quella che, insieme ai Fugazi, è stata una delle band più seminali della storia del DC sound degli anni '90. J Robbins (chitarra e voce) è inoltre uno dei produttori più stimati nella scena indipendente mondiale. Riesce a caratterizzare ogni disco su cui mette le mani in un modo impressionante. Questo disco, uscito un paio d’anni dopo il loro scioglimento, avvenuto nel 1997, raccoglie tutto quello che della band non era stato incluso nella discografia ufficiale: Peel Sessions, inediti, live e covers; un modo di ringraziare i fans che per tanti anni hanno seguito la band. E’ difficile dare un giudizio obiettivo su questa raccolta: i Jawbox sono uno dei miei 'culti' personali ed ogni loro lavoro per me è a dir poco fondamentale. Probabilmente non è il disco che consiglierei a chi si volesse avvicinare alla band, ma i pezzi migliori ci sono tutti, e la confezione, con ben due booklet, uno elencante tutti i loro concerti ed uno di foto, è semplicemente meravigliosa. Come non rimanere a bocca aperta ascoltando Static, Savory, Cooling Card, Chinese Fork Tie e le cover di I’ve Got You Under My Skin, di Low (dei R.E.M.), It’s Expected I’m Gone (Minutemen), Meathook (Cure), Airwaves Dream (Buzzcocks)? Probabilmente i Jawbox rimangono una delle band più fondamentali tra tutto quello che potrete trovare recensito da queste parti.
E se i Jawbox decidono di smettere di esistere, J Robbins, Bill Barbot e Peter Moffett (anche lui come J ex-Government Issue) mettono su quella che è la naturale continuazione del progetto: i Burning Airlines. Mission: Control!, quindi, non è proprio un debutto, anche se è cambiato il nome e lo stato sociale. E il disco è la solita meraviglia che ci si poteva aspettare: post-punk, basso new wave, melodia, tiro, perfezione in tutto e per tutto. Sono gli unici che sono riusciti a creare certe atmosfere: pezzi come Carnival, Scissoring (entrambi inclusi nel 7” di debutto), Meccano (che vede alla voce per la prima volta Barbot), 3 Sisters sono pezzi unici, a dimostrazione che il trio sa scrivere delle gran canzoni. E spero che continuino a farlo ancora per tanto.

Beauty Pill - The Cigarette Girl From The Future (DeSoto/Dischord, 2001)
Un disco che è passato quasi inosservato questo EP di debutto dei Beauty Pill, sorta di supergruppo formato da membri di Smart Went Crazy/Faraquet e Most Secret Method, uscito in collaborazione tra DeSoto e Dischord. Che genere suonano? Mi chiederete voi. Beh, è una domanda che mi sono fatto io più volte: che sono di Washington si sente, non si scappa, ma il loro sound, tranquillo e raffinato, è difficilmente accostabile ad un genere vero e proprio. Rideshare, cantata da Joanne Gholl (ora nei Qui Vicino) è una ballata che verso la fine si trasforma in un pezzo quasi funky. Così come post-funky-math (se mi passate la definizione) è la title track, che ospita anch’essa Jerry Busher (il 'quinto Fugazi') alla tromba. Ma The Idiot Heart è da brividi: Joanne canta su una melodia splendida, guidata solo dal basso che pulsa quieto, toccando il climax del disco nel ritornello. Memorabile. E i successivi due pezzi non sono da meno. Addirittura in Here Lies Rachel Wallace alla chitarra si trova pure J Robbins (ma a leggere la biografia, nei Beauty Pill hanno suonato un po’ tutti). Lo consiglio veramente a tutti, non solo ai fanatici di quella scena come me.




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