Silver Jews - Bright Flight (Domino, 2001)

Personalmente, ho sempre aspettato i dischi di David Berman così come si aspetta l’arrivo della bella stagione. Proprio come gli orsi che vanno in letargo all’inizio dell’inverno, scegliendosi un posticino bello riparato e mangiando il più possibile in modo da potersi svegliare direttamente con il giungere della primavera, anche io mi risveglio soltanto ad ogni nuovo album dei Silver Jews, dormicchiando allegramente nelle interruzioni tra una meraviglia e l’altra e sopravvivendo in qualche ingegnosa maniera grazie al ricordo dell’album precedente. Quest’ultima volta ho dormito ininterrottamente per tre lunghissimi anni, disperando in alcuni momenti di poter mai rivedere la bella stagione. Nei miei sonni profondissimi di orso bianco in letargo, avevo incubi terrorizzanti su di un possibile abbandono musicale del mio amato Mr Berman, quell’incredibile musicista americano che sembra arrivare dal nulla e non si riesce mai a catalogare in nessun genere o movimento: mi dicevo che nessun disco nuovo avrebbe mai visto la luce, e che quell’incredibile sole in forma sonora che avevo visto solo tre volte non sarebbe mai più potuto tornare. Ma proprio quando meno te lo aspetti, la primavera arriva e ti stordisce in pieno con la sua accecante bellezza. E allora tu apri i tuoi occhioni mezzi accecati di orso, metti una zampa fuori dalla tana, e dopo aver dimenticato in un nanosecondo tutta l’interminabile attesa ti butti felice come non mai nella foresta delle emozioni. Questa volta poi la primavera è più bella e luminosa che mai, una stagione curiosamente bizzarra che si è fermata da qualche parte negli anni settanta e arriva direttamente da un bar polveroso di Nashville in Tennessee. Sì perché, oltre ad essere un capolavoro, il nuovo disco dei Silver Jews è anche un disco country. Non alternative country, non pseudo-folkeggiante, ma proprio totalmente e orgogliosamente country, un disco originalissimo e pieno di perversa magia che sa di solitarie bevute al bar, di lente danze a tarda sera in un locale deserto e senza tempo della Virginia o dell’Alabama, e di cappelli da cowboy uguali a quello che portava il vecchio Alvin in Straight Story di David Lynch. Siete pronti per abbandonare le vostre All-Stars, mettervi una camicia da cowboy con le punte, e fare line-dance con la signora di mezza età che avete vicino? Se non avete paura di fare questo viaggio nel tempo, che non si capisce bene se è un viaggio all’indietro oppure in avanti (non che comunque conti qualcosa saperlo, quando si tratta di David Berman), allora inserite Bright Flight nel vostro lettore, e fatevi trasportare in quel mondo di bizzarri avvenimenti dolceamari e di nostalgici deja-vu dove per essere cool non è mai necessario seguire alcun cliché e le persone, quelle vere, sono tutto ciò che conta. Ma arriviamo al disco. Come sempre con i Silver Jews, i testi delle canzoni sono pura poesia da manifesto surrealista e reggerebbero benissimo senza il supporto musicale. Berman canta di bislacche storielle senza tempo mischiando abilmente riferimenti culturali di adesso e di allora, indimenticabili spaccati di vita insieme saggi e incredibilmente ironici, acutissimi e di una sincerità spaventosa. Registrato interamente a Nashville - dove Berman attualmente vive - e con il prezioso contributo di musicisti del luogo tra cui vari membri dei Lambchop, Bright Flight è un disco country insieme desolato e profondamente allegro, un disco che dice Tennessee ad ogni singola nota così come i Sonic Youth dicono New York o i Lift To Experience dicono Texas. Let’s Not And Say We Did ha un piano forsennato e sembra arrivare direttamente da un teatrino degli anni settanta; la strumentale Transylvania Blues potrebbe essere la perfetta colonna sonora di un road movie di David Lynch; la desolata Death Of An Heir Of Sorrow fa letteralmente tremare dall’emozione, mentre un sorriso ci scappa involontario quando sentiamo David cantare “I wish I had a thousand bucks/I wish I was the Royal Trux”; mentre con la splendida Tennessee Berman ci regala senza dubbio la canzone d’amore più bella dell’anno e probabilmente una delle più dolci e originali di sempre. Per chi conosce e ama la musica dei Silver Jews, questa recensione non servirà a niente. Tutti infatti avranno già comprato il disco nell’istante esatto in cui è uscito nei negozi e ne saranno ormai completamente e irrimediabilmente estasiati e innamorati. Per tutti gli altri, non posso fare altro che dirvi che gli album dei Silver Jews hanno quel raro potere di stordire dalla felicità chiunque ne ascolti anche solo una singola nota, e questo semplicemente perché - proprio come Camus prima di lui - David Berman è un’artista umile e insieme unico e speciale, e gli uomini e i loro sentimenti li ha capiti per davvero. La primavera è arrivata, e odora di Tennessee. Non lasciatevela scappare.

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