Ian MacKaye - Vent'anni di Dischord

In occasione del ventennale di Dischord, Andrea Pomini ha intervistato Ian MacKaye.
L'etichetta di Washington DC ha influenzato tutti nel mondo della musica indipendente, cambiando il concetto di punk e autoproduzione, generando fenomeni come lo straight edge e portando avanti con schiettezza e sincerità esemplari le proprie idee e la propria musica. Dalle parole di Ian traspare evidentemente la voglia di fare e l'onestà intellettuale che mette in ogni cosa: non mi piacciono i piedistalli, ma è di sicuro un esempio per tutti quelli che vogliono usare le parole indipendente e punk.


Sodapop: Ian, quanti anni hai? Da più di venti anni fai lo stesso lavoro. Com'è che non ti sei ancora stancato?
Ian: È vita. Non mi annoiano i giorni, non mi annoiano le notti, è quello che faccio. L'etichetta è qualcosa di sempre in evoluzione e cambiamento, ed è la vita. Aspetti di questo lavoro sono superflui e ripetitivi, di certe conversazioni ho avuto abbastanza e non voglio ripeterle, ma è la natura della vita, e non è una cosa necessariamente connessa con l'etichetta. Molte conversazioni desidereremmo non averle fatte più di, che so, duecento volte… Una delle cose belle nell'essere coinvolto nella musica, se sei community minded, è l'essere in contatto costante con nuova gente, gente che cresce e cambia. Non è solo venire in ufficio ed impacchettare dischi tutto il tempo, ha a che fare con la vita. È soltanto quello che faccio. Quando abbiamo cominciato non abbiamo pensato "ok, avremo un'etichetta discografica e un lavoro", abbiamo solo pensato "c'è questo disco che ci piace, facciamolo uscire!".
Sodapop: Venti anni… non l'avresti mai detto, vero?
I: Abbiamo sempre affrontato ogni cosa come un progetto a sé stante, l'unica cosa che volevamo fare era fare uscire quel primo disco, nel 1980. Era l'unica cosa a cui pensavamo. Quando la gente ha cominciato a comprarlo, abbiamo detto ok, usiamo tutti i soldi per farne uscire un altro. E via così. Non sono una persona ambiziosa nel senso delle mete a lungo termine, sono molto interessato al momento.
S: C'è stato un momento in cui hai avuto la sensazione che Dischord fosse diventata qualcosa di stabile, che la precarietà degli inizi fosse in qualche modo finita?
I: No. C'è stato un momento in cui ho cominciato a sentire un senso di responsabilità verso tutta la gente con cui ho stabilito delle relazioni, verso i gruppi dell'etichetta e la loro musica di cui dobbiamo occuparci, ma non lascerò mai che questo senso di responsabilità mi porti a decidere di condurre Dischord come un'impresa. Discrediterebbe il lavoro che abbiamo fatto finora. È una documentazione e una risorsa, non un esperimento ma un esempio di modo alternativo di condurre un'attività… è solo punk-rock.
S: Cosa ricordi di quei giorni?
I: Ho bellissimi ricordi e ricordo molte cose. Non avevamo idea di come si facesse un disco, cominciammo comprando un singolo e con molta attenzione aprimmo la copertina facendo evaporare la colla, per vedere come era piegata, e quindi facemmo una mascherina, stampammo le copertine e le ritagliammo una ad una con le forbici intorno alla mascherina. Piegando e incollando, facemmo così i primi diecimila singoli circa! Era bellissimo. Ogni tanto ne trovo qualcuno in giro, e resistono ancora incollati molto bene!
S: Come dice Rollins nell'introduzione al box, "Countless labels with larger budgets have done less, had less impact and disappeared in the same time". Sembra quasi che Dischord sia l'eccezione alla regola, non pensi che dovrebbe essere il contrario? Non pensi che condurre un'etichetta indipendente seguendo la passione e l'etica dovrebbe essere invece la regola?
I: Quando cominciammo, tutti guardavamo al sistema major e pensavamo fosse una merda. Così sviluppammo la nostra scena, la nostra industria, la nostra economia, e cominciò a crescere e funzionò, creammo un network. La gente non diventava certo ricca, ma c'era scambio, si diventava amici, suonavi, scambiavi dischi, buona musica era resa disponibile. Quando i gruppi diventarono più popolari e le etichette cominciarono a vendere di più, penso sia stata una decisione molto curiosa che quelle label cambiassero e cominciassero a usare il modello delle major, e mi sembrò bizzarro. Tutto quello che si cercava di prendere dalla major erano i metodi di fare business, gli aspetti più repellenti e disgustosi, e il perché si cercasse di emularli non l'ho mai capito.
La gente si chiede cosa sia successo all'underground americano. Penso che le indies in ultima analisi l'abbiamo fottuto. Hanno cominciato a trattare i loro gruppi molto male. I gruppi avevano la scelta: possiamo essere trattati di merda ed avere una buona distribuzione, o essere trattati allo stesso modo ed avere una cattiva distribuzione. È chiaro. Ci possiamo tirare fuori pure un tour-bus…
S: Che etichette attive o no ricorderai come vicine? Quali pensi abbiano avuto un impatto paragonabile a quello della Dischord?
I: Touch & Go, Kill Rock Stars, K di Olympia, Mr. Lady, molte nuove etichette che ho visto… Troubleman. Ci sono molte indies che fanno un ottimo lavoro… Storicamente un'etichetta che mi ha ispirato è la Dangerhouse di Los Angeles, era incredibile. Non conoscevo le persone né il loro modo di gestirla, quello che sapevo era che tutto quello che vedevo su quella label lo compravo, pensavo ci fosse una coesione che apprezzavo, tutto quello che sarebbe uscito su quella label avrebbe avuto una ragione per farlo.
S: Lo stesso succede per Dischord, la gente compra i dischi anche senza sentirli, si fida della label e sa da dove viene il gruppo…
I: È esattamente il punto che sta dietro un etichetta. La gente che vuole fare un'etichetta mi chiede consigli, e io gli dico che la prima cosa che devi avere sono i gruppi! Deve interessarti la loro musica, ci deve essere una ragione per farlo…
S: Non cominci un'etichetta e quindi ti metti a cercare i gruppi, ma sai già cosa vuoi fare e chi vuoi fare uscire…
I: Questo è il mio approccio, ma molta altra gente fa l'etichetta e poi cerca i gruppi. Il mio punto di vista è esattamente l'opposto: ci sono dei gruppi, amiamo questi gruppi e vogliamo documentarli.
S: Ricordo una tua bellissima intervista a Punk Planet dove dicesti che per te il processo è una grande componente della creazione artistica. "The making of the record or the booking of the tour, I see that as an art." Penso che Dischord si inserisca perfettamente nel discorso, non pensi?
I: Grazie. Mi fa pensare a un paio di discussioni che negli anni ho avuto con membri di gruppi che avevano perso di vista quello che facciamo, vedevano la loro musica come arte e noi come la macchina per distribuirla. Ho dovuto ricordare loro che questa è la nostra arte allo stesso modo. La gente che lavora qui è una forma d'arte, di creatività, ed è un processo. Proviamo a portare un elemento di questa thoughtful aesthetic, non è solo una macchina, è un processo che coinvolge l'arte. La gente sente la parola arte e pensa alle sue forme più stereotipate… Ma la creatività esiste in tutte forme, e se approcci tutto quello che fai così… Se pensi a tutto quello che fai in termini di rappresentazione…
S: Ancora da Punk Planet: "I would say any band that's operating today is more important than bands that came before. They're more important because they exist". Che band esistono adesso?
I: Volevo dire che ogni band attiva adesso ha la possibilità di cambiare le cose. Band esistite in passato non ce l'hanno più. La loro musica può condizionare le persone per cambiare le cose, ma loro no.
Non volevo dire che posso dirti quali sono queste band. Io sono quello che sono, quello che è nel mio campo visivo è limitato, ma ci sono gruppi che suonano qualche tipo di musica da qualche parte che possono essere le band di cui qualcuno tra venti anni parlerà. Per me, al momento, ci sono band a DC che penso siano grandi giovani band, senza nemmeno dischi fuori. Antilope, Measles Mumps Rubella, The Black Eyes… Non so cosa gli succederà, forse suoneranno per un mese o forse per dieci anni, ma c'è la possibilità, c'è il potenziale. Proprio adesso, da qualche parte nel mondo, c'è gente che sta lavorando a musica a che avrà un impatto, e questo è speranza e ragione per continuare.
S: Seguendo avidamente le uscite Dischord, sono sempre stato preoccupato in una maniera un po' strana per quella che sarebbe stata ogni nuova uscita, sperando fosse di una nuova band, perché avrebbe significato fertilità e vitalità per la scena di DC. È stato curioso leggere nel booklet del box, alla pagina dei Q And Not U, ciò che tu pensi riguardo a questo discorso… Perché è esattamente la sensazione che avevo io dal di fuori… Sembrava che fossero rimasti solo i Lungfish a fare un disco all'anno… Dico, adoro i Lungfish, però…
I: È successo un po' di volte nel corso degli anni, ma succede in ogni comunità. Oscilla, va meglio, va peggio, si muove avanti e indietro. In qualche periodo i campi erano a riposo, meno band attive… Io cerco sempre di tenere l'orecchio vicino al terreno, di rendermi conto se c'è qualcosa da fare o no.
Sono felice che tu me lo dica, perché è esattamente quello che stava succedendo, e vuol dire che diamo un riflesso onesto e vero all'esterno. Ma poi le cose si sono sollevate, ci sono i Q And Not U, ci sono altre band in DC che amo andare a sentire… French Toast, Quixotic… Tutte molto interessanti, e sono curioso di vedere come cresceranno… Forse diventeranno parte della Dischord o forse no, chissà.
Una cosa della Dischord che non penso la gente sappia è che anche se non facciamo uscire un disco noi stessi, siamo molto coinvolti con le altre etichette in città. Prestiamo un sacco di soldi per fare uscire i dischi, ci interessa che le cose continuino a muoversi. Anche se non facciamo uscire dischi, siamo molto coinvolti.
S: Non è molto comune… è simbolico dell'essere legati a una comunità…
I: Proprio questa è l'idea. Senza comunità non ci sarebbe etichetta. Sarò sincero con te, I fucking hate the record business. Non volevo farne parte, volevo suonare e documentare le cose che per me erano importanti, la comunità era importante per me e ho detto "bene, facciamolo". Ma il business in sé… Se non fossi parte di Dischord, there's no way I would do this work, no way.
S: In ventidue anni ne avrai viste…
I: È disgustoso, scoraggiante. Con internet, all'improvviso hai la possibilità di trovare e scambiare tutta questa musica gratis… è eccezionale, ma arriva l'industria e dice "non potete farlo perché non ci ricaviamo nulla". Fanculo! Per quello che ne so, la mia musica non è stata creata per fare soldi. Voglio che la gente ascolti la mia musica, questo è il punto.
S: È la tua espressione…
I: Se morissi, preferirei che ci fossero cinque dollari con me nella bara o cinque persone che ancora ascoltano la mia musica? Per me è ovvio. Questa idea che la musica sia soltanto uno strumento di guadagno è una cazzata, una cazzata bella e buona, ma è quello che l'industria pensa ed è uno dei motivi per cui non voglio farne parte. La musica è libera, è di tutti ed è nell'aria.
S: E c'è modo e modo di venderla, pure. Se vai in un negozio, è incredibile vedere come i dischi Dischord siano ancora i più economici…
I: Siamo molto risoluti nel rendere la musica disponibile, e la puoi avere da noi direttamente ancora per meno… E' una maniera di calmierare i prezzi, negozi e distro non possono chiedere troppo perché sanno che c'è questa alternativa.
S: Cosa deve avere un gruppo per essere su Dischord?
I: Non c'è una formula. Devono essere dell'area di DC, ovviamente. Devono essere veri gruppi, suonare dal vivo. Non abbiamo contratti, la comunicazione deve essere diretta. Ci sediamo, parliamo, ci conosciamo, deve essere fuori discussione la fiducia reciproca. Siamo nati per documentare quello che succedeva qui, non pretendiamo di documentare tutto, c'è molta altra musica che viene fuori da DC.
S: Vai ancora a molti concerti?
I: Certo. Pensa che questa settimana sono stato a quattro concerti: Q And Not U, The Scene Creamers, French Toast, Measles Mumps Rubella…
S: Mi ha colpito leggere nel booklet del cofanetto che ci sono state band determinate a trasferirsi a Washington pur di essere su Dischord… E' assurdo… La lezione Dischord non dovrebbe essere proprio l'opposto? Creare qualcosa nella propria comunità!
I: Sono d'accordo. Anche se non tutte le band di cui parlavo lo facevano solo per quello, ma anche per altro (motivi scolastici, eccetera). Una delle idee originale della label era di incoraggiare la gente a dare vita alla propria etichetta, a fare lo stesso nella loro città. L'idea era di creare etichette regionali in tutta la nazione e in tutto il mondo. Che la gente mettesse attenzione ed energia nella propria scena, comunità e città. Ci sarebbe un network in azione, ogni città avrebbe la sua etichetta… è cominciato così… All'inizio era così, la SST faceva gruppi di Los Angeles, Alternative Tentacles di San Francisco, T&G del midwest…
S: Quante persone lavorano alla Dischord adesso? Come sono divisi i compiti?
I: Circa altri cinque. Uno fa il mailorder, tre fanno negozi e distro, qualcuno fa la produzione, qualcuno la stampa, la pubblicità, la radio. Il mio lavoro tende ad avere a che fare con le decisioni più grandi su cosa fare, poi registro i gruppi, parlo molto con i gruppi, sono quello con cui stanno in contatto. Jeff cura la parte grafica, le pubblicità. Tutti e due curiamo conti, tasse, business. Io faccio interviste, ovviamente. Rispondo a posta tutto il giorno…. C'è un sacco di weird administration, devi ricordare che lavorare a Dischord non è solo tenere dietro a quello che succede ora, ma abbiamo anche ventidue anni dietro di noi, e questo vuol dire tenere in stampa i dischi vecchi, occuparsi di canzoni dei Minor Threat che la gente vuole usare per video o cose del genere…
S: Per un appassionato della scena di DC, ma per un appassionato di rock in genere, l'uscita del cofanetto rappresenta un po' il terzo tassello di una documentazione cominciata con Banned In DC, continuata con Dance Of Days e chiusa appunto con Twenty Years Of Dischord. Prima le immagini, poi la storia e poi, finalmente, la musica. Sei d'accordo?
I: Sì, ma per me sono soltanto milemarkers, così possiamo tornare ad occuparci del presente. Mia madre una volta mi ha detto "una buona ragione per tenere un diario è che così non sei obbligato a ricordarti tutto". È lo stesso in termini di eredità… Non ho letto Dance Of Days, ma so di cosa si tratta… Sono documenti che rendiamo disponibili, e significa che non dobbiamo ricordarci tutto, e che possiamo cominciare a pensare al presente.
S: Parlando della Dischord, dei suoi dischi e delle sua band, spesso ci si sofferma molto di più sulla scena di Washington, sulla sua comunità, sul ruolo della Dischord e meno sulla musica e sul contenuto effettivo dei dischi, che è cruciale. Cosa ne pensi? È positivo per il riconoscimento alla comunità, ma in fondo di dischi si tratta… Non si tende a dimenticare l'impatto musicale oltre che etico ed umano, avuto dalla band di Washington?
I: Penso ovviamente che la musica di DC sia incredibile, altrimenti non farei quello che faccio. È però molto difficile parlare di musica, scriverne in termini che si traducano facilmente… Se potessimo rendere la musica in parole, non avremmo più bisogno di suonare musica! Penso che la musica uscita da DC sia grande. Stimolante, interessante, provocatoria. Per questo ho un'etichetta, e sono spesso sorpreso che altra gente non lo noti, ma è ok, non è necessario che lo facciano, siamo ancora qui, e questo significa che un certo tipo di impatto lo abbiamo avuto.
In questa città non c'è un'industria dell'entertainment. Quello che succede è una conversazione musicale tra i gruppi e la gente, cresci, senti le band dei tuoi amici, suoni, formi una band e cerchi di innalzare il livello, gli standard. Cerchi un tuo sound, qualcosa di unico. Una tua variazione, e via di seguito. Questo weekend è stato molto interessante… Le band che ho visto dal vivo e di cui ti ho detto si conoscono tutte, erano uno al concerto dell'altro, sono stimolati l'uno con l'altro per fare musica più urgente, interessante. Music that kicks my ass, and I intend to return the favour. Non competizione in cui cerchi di buttare fuori gli altri!
S: È stato difficile scegliere i pezzi per il cofanetto? Per quali gruppi in particolare? Forse per gli Egg Hunt è stato facile, ma per i Fugazi?
I: L'ho fatto fare a Jeff, io non volevo. Mi ha dato una lista e io ne ho cambiata solo qualcuna. Non saprei… Penso che Blueprint fosse perfetta. Ricorda anche che, dato che c'è un vago ordine cronologico, per gruppi che sono insieme da quindici anni non sarebbe stato giusto includere una delle canzoni più recenti quando quasi tutte le altre ne hanno una delle prime. Allo stesso tempo, per esempio i Trusty si sono formati nel 1986, e dovrebbero stare più o meno tra Rites Of Spring ed Embrace, ma non vivevano nemmeno a DC al tempo, ed abbiamo messo un pezzo più recente. Abbiamo cercato di non essere troppo rigidi sugli anni e di tenere le cose "pari", mettere tutti sullo stesso piano, con ognuno più o meno all'epoca dell'ingresso nell'etichetta.
S: Ripercorrendo tutte le uscite, ti è capitato di dire: questo disco, ripensandoci, non l'avrei fatto uscire?
I: Di qualcuno mi sono trovato a pensare "forse non è stata una così buona idea", ma non fa differenza, perché è fuori. Quando è uscito lo volevo fare uscire, e una volta che è deciso è deciso.
S: Una band che se non si fosse sciolta avrebbe potuto dare ancora di più?
I: Penso che i Nation Of Ulysses, prima di sciogliersi, avrebbero avuto un altro grande disco pronto. Le canzoni che scrissero prima di sciogliersi erano così belle… Quelle che sono sul disco postumo. Ma di nuovo, quando una band si scioglie è solo l'ordine naturale delle cose. E tu?
S: Smart Went Crazy senza dubbio. E una band di Washington mai uscita su Dischord che, guardando indietro, ti sarebbe piaciuto fare uscire?
I: Se non abbiamo fatto uscire un gruppo ci sono sempre state delle ragioni… Non so… Non riesco a trovarla… Tu cosa pensi?
S: The Most Secret Method senza dubbio.
I: Sì, è vero… Ma il loro problema è che cessarono di essere un gruppo. Abbiamo comunque anticipato i soldi per l'uscita del loro secondo CD postumo su Superbad. Erano una great fuckin' band, il nuovo CD è fantastico, ma stavano cominciando a sciogliersi, ed è così scoraggiante fare uscire dischi di gruppi che si sciolgono…
S: E ne avete già molti…
I: Esatto, non volevo fare uscire un altro disco di un gruppo sciolto o che si sta sciogliendo!
S: Per una scena però gli scioglimenti non sono necessariamente una cosa negativa, se producono nuove band… Può essere segno di una scena in salute…
I: È un problema per me essere un'etichetta di sole band che non esistono, ma sono completamente in sintonia con te. È per questo che siamo così dedicati a documentare, prestando soldi ed aiutando le etichette più piccole.


(Intervista pubblicata in versione sintetizzata su "Rumore" numero 129, ottobre 2002. Grazie a Claudio Sorge, Rossano Lo Mele, Alberto Campo, Sandro Favilli).
certo che è proprio un beccio!
Amedeo

Ian for president!
ernst

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