David Bowie - Heathen (Iso/Columbia, 2002)

Non c'é dubbio che David Bowie negli ultimi tempi stia mettendo a punto un'operazione di ripescaggio e serializzazione di quel rock melodico e decadente straordinariamente fascinoso che lui stesso aveva messo a punto nei decenni precedenti attraverso album indimenticabili come Hunky Dory, Ziggy Stardust, Heroes, Station To Station...
Che ci troviamo al cospetto di un artista eclettico, che ha fatto della multimedialità da sempre la sua arma vincente non é certo un mistero per tutti coloro che seguono da sempre le vicende del rock: sin dai tempi del travestitismo e delle paillettes nei primi anni '70 Bowie ha considerato il rock un viatico per contrabbandare la sua visione iper-umana dell'esistenza ed il suo sguardo aperto sull'universo ed altri mondi; studiò all'inizio della sua carriera artistica da mimo, danza, teatro e con il passare delle primavere ha trovato nella pittura e nelle arti figurative altri ideali moduli espressivi. E' anche vero che é divenuto un ottimo uomo d'affari e che si é inserito alla perfezione nel business musicale, ma ciò non ha minimamente congelato la sua ispirazione.
Bowie é un artista che si é sempre lasciato sedurre da tutto nel corso della sua carriera, a cominciare dal rock dell'oltraggio e dai suoi padrini storici come Lou Reed ed Iggy Pop, che risollevò dagli abissi di disperazione ed abbruttimento esistenziale/artistico in cui giacevano negli anni '70 producendo e contribuendo fattivamente agli album della loro rinascita: Transformer e The Idiot.
Ma Bowie é stato anche succube subito dopo della gelida fascinazione dell'elettronica e dell'ambient-music che sperimentò con il mago Brian Eno nella triade di opere del periodo berlinese: Heroes, Low e Lodger, tracciando nuovi seminali sentieri avanguardistici per la musica a venire! Non si può dire lo stesso anni dopo, nei '90, delle alchimie sintetico/dub/hip hop di un disco come Earthling, un pasticcio sonoro in cui Bowie ha annegato la sua ispirazione in un magma di ritmi artificiosi e spezzettati... Earthling era però stato preceduto dal concept-album Outside (The Nathan Adler Diaries), capolavoro oscuro ed inquietante di avant-garde/ambient-pop, primo capitolo di una saga cui Bowie purtroppo non ha poi dato seguito.
Il ritorno clamoroso all'umanesimo melodico si ebbe con Hours, il disco che ha preceduto Heathen: aperto dalla stupenda Thursday's Child esso segnava anche un salutare rigurgito di certo rock turgido che Bowie a dire il vero aveva già celebrato in modo massiccio nei Tin Machine, in compagnia del fedele chitarrista Reeves Gabrels e della rocciosa sezione ritmica dei fratelli Sales.
Heathen, ultima opera di David Bowie, fa sua addirittura l'arma della nostalgia, proiettandola però nel futuro.
Qui si appronta un mosaico di composizioni dal penetrante appeal melodico nel quale Bowie ancora una volta dimostra di essere un maestro.
Le suadenti e liriche Sunday, Slow Burn, I Would Be Your Slave, 5.15 The Angels Have Gone rimandando dritti alle malinconie ed ai languori esistenziali di Station To Station, si configurano come nuovi parametri dell'invincibile solitudine dell'uomo contemporaneo. Ma Slip Away pare un ectoplasma ispirativo in cui rivivono miracolosamente fascinazioni di timeless classics come Space Oddity e Life On Mars. Del resto il co-produttore di Heathen é quel Tony Visconti che con Bowie tanto collaborò in passato e questa affinità antica d'intenti si sente molto nell'album. I've Been Waiting For You: Bowie che rivisita Neil Young, quello ruspante del primissimo album: revival?
Non so, quello che so é che il suo passionario attacco chitarristico mi fa impazzire; Bowie ne da' una versione vibrante, epica. Vibrante e palpitante é anche Afraid, giocata su un sottile senso d'inquietudine attuale e sconcertante. Ancora nostalgia 'spaziale' in Gemini Spacecraft: un viaggio all'insegna di un'ansia siderale questa volta 'easy' ed orizzontale. La terna conclusiva Everyone Says Hi - A Better Future - Heathen si fa prodiga ancora di ammalianti melodie: in ogni modo é soprattutto Everyone Say Hi a conquistarsi un posto al sole in virtù di un ritornello e sviluppi armonici decisamente intriganti e solari. Ospiti nel lavoro tantissimi, doveroso menzionare Dave Grohl, Pete Townshend e Carlos Alomar. Grazie David per un'altra estate felice!

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