Sophia - Fixed Water (Flower Shop, 1996)

In seguito alla tragica scomparsa di Jimmy Fernandez (23 Maggio '94) - bass player nei God Machine -, che ha inevitabilmente posto fine a quella straordinaria esperienza, l'ex leader della band Robin Proper-Sheppard ha avuto modo di meditare su tale avvenimento, e dalla meditazione è nato un disco - questo, pubblicato sulla sua personale etichetta - che si presenta come un'opera comprensibilmente triste e ricca di emozioni forti e sincere, ed è al tempo stesso una riflessione, uno sfogo e, infine, una testimonianza. I testi introspettivi, profondi, toccanti e mai banali, tramite i quali egli cerca di esprimere il proprio dramma, sono talmente intensi e veri da raggiungere ciascuno di noi; attraverso frasi dolenti, poetiche e sofferte egli getta uno sguardo malinconico sull'esistenza, senza nascondere un senso amaro di disillusione, ed esaminando ogni tema possibile, amore, morte, vuoto, solitudine, incomprensioni. Su tutto aleggia un senso di morte che rende l'ascolto estremamente drammatico e coinvolgente, ma ciò che più conta è che proprio da una simile situazione di immane tristezza derivano le intense, ineguagliabili vibrazioni che questa musica regala; in altre parole, se l'atmosfera generale è una cupa atmosfera di morte, le emozioni che essa riesce a suscitare sono il significato stesso della vita. Avveniva la stessa cosa per i compianti God Machine, ma qui non c'è la potenza delle chitarre elettriche e mancano la rabbia e l'energia di allora, sostituite da melodie lente, toni malinconici e suoni acustici che creano una condizione di intimità con l'ascoltatore. A mio parere il brano migliore del disco è So Slow, capace di provocare le sensazioni più profonde, ma ogni pezzo sembra più bello dell'altro ed ognuno possiede una propria singolarità. Tra dolcezza e tristezza, tra gli Oasis acustici (Last Night I Had A Dream) e soprattutto i migliori Red House Painters, scorrono lente otto canzoni che formano un piccolo capolavoro, entusiasmante, commovente, indimenticabile. Irrinunciabile.

(scusatemi per il mio italiano)
Non so se ci sono parole per esprimere ciò
che si sente quando si ascolta Fixed Water...
come un sogno pieno de tristezza e di nostalgia,
non è possibbile uscirne senza una lacrima
che ti viene proprio dal cuore... sono due anni che
ascolto questo CD... ma è sempre come
se era la prima volta.
Per me rimane et rimarrà il più bel album
che ho ascoltato in vita mia...
(viene proprio prima di OK Computer, si si...)

Grazie Robin.

Lorenzo.

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Sophia - The Infinite Circle (Flower Shop, 1998)

Seconda prova per il "progetto acustico" di Robin Proper-Sheppard, già mente dei God Machine. Nulla è cambiato dall'esordio, ma se con Fixed Water fu amore puro e incondizionato al primo ascolto, stavolta l'impressione è che manchi qualcosa. Si tratta solo di una sensazione, che non sono ben riuscito a motivare: forse manca quel pathos per la perdita di una persona cara, che riempiva note e parole delle prime canzoni; o forse manca l'effetto-sorpresa del primo disco, giunto inatteso e meraviglioso. In quest'ultimo caso, credo che, a chi ancora non conosce il "Sophia collective", forse The Infinite Circle farà la stessa sorprendente impressione; ma a tutti gli altri apparirà probabilmente un disco "solo" splendido, insomma non più un vero capolavoro. Robin e i suoi utilizzano sempre gli stessi identici schemi musicali del CD precedente, lo stesso stile compositivo (musica e testi), provocando di conseguenza anche le stesse emozioni, che però risultano così un po' meno toccanti, dato che vi siamo abituati: le emozioni sembrano essere diventate routine! Mi rendo conto che può apparire strano, ma credo che le cose stiano così: nonostante le canzoni restino comunque bellissime, manca quel qualcosa che rendeva Fixed Water così speciale, e forse, appunto, irripetibile. Ho l'impressione che sia andata perduta, almeno in parte, quell'atmosfera, quella dimensione intima, confidenziale, cantautorale direi, che rendeva l'ascolto quasi un profondo dialogo tra amici, mentre questa appare più la musica di una vera e propria band. Ad ogni modo, non vorrei trarre in inganno nessuno: si tratta sempre di un ottimo disco, caratterizzato dal solito splendido songwriting e da brividi e melodie indimenticabili, in cui non si può far altro che provare a scegliere il brano migliore...Every Day, Bastards, o Within Without? Un solo pezzo è più "tirato" del solito (The River Song), per il resto i riferimenti sono sempre gli stessi: Red House Painters (lentezza, malinconia, intensità) ed Oasis - o Beatles, fate voi - (dolcezza, spiccata propensione alla melodia) mescolati assieme. Sebbene forse non commovente come in precedenza, quella di Sophia resta una musica necessaria all'anima e al cuore.

ho visto i Sophia dal vivo due volte e credo che
la dimensione a loro più consona sia appunto quella live.
Il pathos che Robin ci mette nelle interpretazioni è travolgente.
Basta poi solo l'interminabile The River Song per essere ripagati del
prezzo del biglietto.
Ivan

I God Machine erano OK, i sophia sono solo mediocri
(a mio modesto parere).
Beppe

Ciao, mi chiamo Duilio ho 42 anni e sono di Milano, sono pienamente d'accordo
con quello che hai saputo scrivere sul grande Robin. Come tutti i grandi
capolavori non ti stanchi mai di guardarli, se si tratta di quadri, di leggerli
se sono libri e di ascoltarla, se si tratta di musica e l'esempio lampante è
proprio Fixed Water. 
Grazie comunque e complimenti per le bellissime cose che hai saputo scrivere.
Duilo

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Sophia - De Nachten (Flower Shop, 2001)

Si presentano in una confezione semplice, umile, quasi da bootleg, queste registrazioni dei Sophia catturati dal vivo in Olanda nel gennaio 2001. Ma ciò che si trova racchiuso all'interno è d'indescrivibile valore. Le inedite The Sea e Ship In The Sand sono da brividi: la prima con gli archi a rifinire delicate storie d'amore ("come to the sea my darling/come to the sea my love/follow me my angel/from the darkness of our world"); e la seconda, memorabile, con un testo che lascia sconvolti e che meriterebbe di essere riportato per intero ("woke up this morning/thought I got to change my life/I’m like a ship in the sand/just waiting for the tide/I got a lot of reasons/I'm glad to be alive/but always waking up alone/just makes me want to die"). Bad Man è cupa e attraente; ma meglio ancora I Left You, ennesima tortura autoinflitta, scavando dentro sè stessi per trovare delle risposte, delle soluzioni agli infiniti problemi del cuore ("oh I left you/but it seemed to hurt us less than if I stay... Yeah I left you/but now it seems to hurt me more than if I stay"); problemi riproposti dalla cover di Jealous Guy di John Lennon. E poi ecco le splendide versioni delle classiche So Slow, If Only, e, in conclusione ovviamente, The River Song; ognuna riscoperta con quelle liriche così semplici, eppure così toccanti, che ogni volta sembrano più vere, più crudeli e più belle di prima ("we lie about our past to make each other believe/that this is the love that will last for eternity... If only I could believe that tomorrow/when I wake from my sleep/that you'll still be with me"). Robin Proper-Sheppard riesce anche a far cantare al pubblico "happy birthday to you" per farlo ascoltare poi alla figlia Hope, facendosi così perdonare il fatto di non poter essere presente fisicamente il giorno del suo compleanno; e, sorridendo, ci emoziona anche questo. Dev'essere l'effetto dei cosiddetti buoni sentimenti, ma non ci interessa.
Le emozioni sono come moltiplicate, aumentate d'intensità, esaltate; le emozioni sono tutto in questo disco. Non si può non averne bisogno.

un disco veramente commuovente,chi non l'apprezza non ha sentimenti..
Vale

sono pienamente d'accordo con Lorenzo Santinelli riguardo alle atmosfere
così profonde che l'album sa esprimere in tutta la sua energia profonda,
misteriosa,soave.ne è passato di tempo ma ancora oggi suscita in me emozioni
uniche nella loro armonia.
Saluti a tutti.
Ci vediamo all'Hiroshima ad aprile...
Diego

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Sophia - People Are Like Seasons (The Flower Shop, 2004)

E' una parziale delusione l'atteso vero nuovo album del Sophia Collective, dal titolo già di per sè banalotto. Si sapeva che Robin Proper-Sheppard avrebbe tentato di giocare finalmente la carta del pop per il grande pubblico, ma la cosa era smorzata da altre voci che parlavano invece di un ritorno alle origini. In realtà il nostro appare confuso ed incerto sulla strada da intraprendere, e non è certo il modo migliore per presentarsi ad un eventuale grande pubblico, assetato di certezze piuttosto che di dubbi e problemi. Ma vorrei essere chiaro fin da subito: è un bel disco. Oh My Love è un'ottima introduzione, per quanto affogata in deliri amorosi ormai così consueti da apparire banali ("I thought I knew you but I guess I was wrong"..."Oh my love though I wait can't you see I can't wait forever for you to say you love me"); Swept Back è estremamente dolce e apprezzabile e fa già presagire dove il nostro voglia andare a parare: al pop quasi perfetto di Fool, che sembra però nascondere cattivi presagi. Difatti, la Desert Song No. 2, pur di grande atmosfera, perde decisamente di immediatezza per rifugiarsi in cupe trame che si perdono infine in un vortice sonico finale condito dall'usuale ed onnipresente piano; ma va ancora molto bene. Decisamente male invece si va con la successiva Darkness, che pare un pezzo di quelli morbidi dei Filter, o - se volete - la Ava Adore dei Sophia. Stessa artificiosità si avverte nella ben più giocosa If A Change Is Gonna Come..., che diverte riuscendo per la primissima volta a far muovere la testa oltre al piedino: immaginate i Sophia che tentano di scimmiottare i Dandy Warhols... Swore To Myself è già un altro classico della band, malinconica e triste come la si desidera, proprio come ai 'bei tempi'; Holidays Are Nice invece avrebbe potuto essere un pezzo degli Ash di 1977, sebbene il nostro la sappia trasformare con un ritornello dei suoi, ma è indiscutibilmente rovinata da una drum machine. Solo a questo punto arriva un pezzo veramente degno dei dischi precedenti, ed è I Left You, che già ci aveva commosso su De Nachten; ma in quel caso faceva un effetto migliore. Chiude il tutto Another Trauma, per piangersi addosso all'infinito ("I'd salute another trauma I've out run before another's begun and god I just want to rest a while and I promise tomorrow I'll start with a smile")... Non è l'ennesimo capolavoro che ci aspettavamo, non regge il paragone con i precedenti lavori, ma è comunque un disco valido e consigliabile anche ai neofiti, anche se - sappiatelo - le cose migliori le trovate altrove.

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