Zeno Gabaglio/Andrea Manzoni – Gadamer (Altrisuoni/Radiosvizzera, 2008)

gadamer

Per fortuna invecchiando oltre a rincoglionirmi sono diventato due righe (non tanto, ma giusto due righe) meno affrettato, quel tanto che basta per superare l’opening track di questo disco, che sinceramente tutt’ora mi sembra la traccia meno riuscita di tutto il lotto. Zeno Gabaglio e Andrea Manzoni sono due jazzisti e oltre che dal curriculum lo si capisce dal disco stesso, non che ci voglia un genio per realizzare questa cosa, ma lo dico solo perché nonostante batterie elettroniche, i suoni più o meno sintetici e tempi dritti che a volte sfiorano la disco, il background esce fuori come in quasi tutti i casi.
Non è una cosa per nulla negativa infatti per quanto non si tratti di un disco particolarmente sperimentale e per quanto la produzione sia fin troppo laccata (e non è sempre un bene), proprio le tracce più fusion e con più groove jazz fusion “fredde” sono quelle che scorrono meglio e che da un lato fanno scivolare al meglio il pianismo jazzy di Manzoni e dall’altra stemperano un po’ alcune folate para-ambient che per quanto piacevoli a volte suonano un po’ fuori fuoco, quanto meno nei suoni retrò (ambient periodo 80-90). Al di là dei tecnicismi che tutto sommato è lecito aspettarsi da due ottimi musicisti, il disco è molto piacevole, ma vive di momenti altalenanti fra groove molto piacevoli oltre che ascoltabili e sonorizzazioni di filmati in un certo senso tradizionali nonostante qualche uscita dai ranghi. Post-rock sì, meno “free-improvisation” (cito il portfolio del disco), certo dei bei divertissment in cui si lasciano andare, ma un po’ pochi per essere free, sia in senso di free-jazz sia in quello di impro-radicale…anzi il canovaccio in un certo modo c’è e viene rispettato, tant’è che è un disco per lo più dritto anche nel modo in cui si sviluppa e non è negativo infatti si fa ascoltare con facilità da parte di chiunque. Assecondano il mio gusto personale dovrei dire che le tracce più riuscite siano quelle come la scarna les piano norges, ma credo che invece Gabaglio e Manzoni vadano più a segno quando lasciano fluire più naturalmente la loro estrazione musicale. Ribadisco, a dispetto del titolo non si trova traccia alcuna di mattonata filosofico-ebraica-post-heddeggeriana, ma bensì una sonorizzazione estemporanea con chiari richiami di musica jazz, elettronica da club, colonne sonore, fusion e ambient nel senso più classico del termine. Non sempre a segno ma molto piacevole.