Queer, neurogender, prolet hypertrap. L’universo di Yung Paninaru è colorato, veritiero e delirante. Giuntæ al suo terzo disco (dopo l’esordio Hyperburger ed il suo seguito Babau) l’artista rappa fluente declinando l’universo comunista ad una vita quotidiana che puzza di università, lotta armata e caccia alle guardie ed ai borghesi. Da sempre ha mischiato alto e basso, Sangue Misto e trap, colori fluo, trap e sguardi old school, chiesa cattolica e gentrificazione.
Inizia ringraziando la lotta armata a cappella, neo-canto popolare, eliminando fasci, liberali e patriarcato. Osservando l’hamburger dal quale spunta la falce ed il martello appare chiaro come simboli e generi se ne siano andati a puttane ma soprattutto si capisce come Yung Paninaru sia un fottuto virus: Passa, ti bacia sul collo, autotune e sberle senza che tu nemmeno se ne accorga. In Un po’ di foibe porta Meghan Trainor a bestemmiare cercando nuove vittime, Poi trombette e basso, in un ode gospel rap come 10 minuti a combattere fra demoni e pensieri, fra un’ossessione e l’altra. Il disco suona cristallino, chiaro e diretto come mai, in Giro con le ame sogna l’amore tra dancefloor infuocati e starnuti. Sono storie brutte, come i furti di Amaro del capo subiti da gente brutta, storie che Yung Paninaru riesce a mettere in scena con storytelling sagaci e suoni che ci aprono letteralmente il cervello. I compagnu dissidenti si prendono un disco vaporoso e luminoso, nel quale pescare ricette interessante (le colazioni con Jägermeister e pastasciutta di Aldo Morto sembrano in grado di risvegliare Rasputin, quindi perché non provarci?) e l’amore più onesto del mondo, quello migliore degli scontri con la polizia. Filosofia, cuore, politica, acume e Lenin, un pensiero agli amici P38 ed un finale epico come Polecula neurodivergente, vero e proprio calembour lessicale intinto in una bolla vaporosa, leggera ed aerea come un’artista che prende letteralmente il volo.
Yung Paninaru – Canzoni per compagni dissidenti (autoprodotto, 2024)
