VØID – S/T (Weirdo/Hanged Man/Moshpit Culture, 2010)

Faceva notare il buon (?) Giorcelli, in una recensione di qualche settimana fa, come, sotto il cielo della musica estrema, grande fosse la confusione dopo la venuta dei Neurosis; probabilmente non avremmo neppure il post-core come lo intendiamo oggi. Bene, anche i VØID sono figli di questa visione, ancor prima che di questo suono, unitamente alle atmosfere degli Integrity più lenti e metallosi degli esordi. Il nome è lo stesso di una formazione mitica del giro washingtoniano che fu, ma i bergamaschi lo fanno loro riferendolo a un vuoto diverso, metafisico e scuro, dominato da un drone primordiale ordinato dalla batteria in giri di chitarra ripetitivi, che poi progrediscono con lente e pesanti variazioni; la voce, per farsi spazio, deve farsi inumana, come tante volte ci è capitato di sentire. I pochi momenti semiacustici, a volte addirittura pianistici, danno la sensazione di una pace desolante. In un tale scenario, in cui il suono si solidifica e si sublima di continuo, sorprende l’assenza degli improvvisi crescendo metallici, tipici stilemi del post-core: è un segno di forza. I VØID sono già oltre la messa in scena dell’apocalisse sonoro e galleggiano in un universo dove i parametri di velocità, tempo e densità sono completamente alterati. Nella loro musica il crollo è ormai alle spalle, il buco nero è stato attraversato. È tempo di prendere possesso del vuoto.