Verset Zero: dove tutto si ruppe, ed ebbe inizio di nuovo

Era probabilmente la notte di Natale quando mi misi attentamente ad ascoltare per la prima volta il lavoro di Verset Zero, musicista francese in bilico fra elettronica forsennata e black metal. Lo descrissi così.
Mi stregò anche e soprattutto a causa del video di Tryptique:

Iniziai ad ascoltarlo sempre di più, coinvolgente anche Emiliano Zanotti in questo scavo. Scoprii che ad occuparsi della sua promozione era Swamp Booking, agenzia che ben conosco visto che all’interno vi operano stimati conoscenti, amici e musicisti, tra i quali Riccardo Biondetti, già G.I.Joe ed In Zaire e Giorgio Salmoiraghi (mani in pasta coi Viscera/// ed i Kollaps). Il prescelto in questo senso è stato Wade Black (mente dietro ai Kollaps, ve li ricordate vero? ) che, molto gentilmente, ci ha messo in comunicazione con un Verset Zero che si è dimostrato molto più che disponibile, tanto che, dopo averci inviato le risposte, ha voluto puntualizzare, ampliando i discorsi in maniera il più esaustiva possibile.
Che dire ancora? Buona lettura, e che la tenebra sia con voi…

SODAPOP: Salve Verset Zero e grazie mille per la tua disponibilità. Ho ascoltato Phantasma rimanendo letteralmente stregato dall’intensità e dal vostro suono: sarebbe possibile iniziare da dove e come tutto ha avuto inizio? Quando e dove hai iniziato a pensare a Verset Zero?
VERSET ZERO: Ciao, il progetto è nato nella primavera del 2014. Vivevo in quel momento nel sud della Francia, più precisamente a Vicdessos, un piccolo villaggio di montagna abbastanza lontano da tutto. Componevo musica elettronica da un po’ (Industrial techno/Detroit techno) e mi esibivo piuttosto spesso in locali nel sud della Francia accanto a grandi artisti internazionali (Robert Hood, Tommy Four Seven, Speedy J…), ma cominciavo a stancarmi di questo ambiente e volevo offrire qualcosa di nuovo sul palco, ma anche nelle mie composizioni: qualcosa di più personale. Ho sempre composto musica molto oscura e brutale, ma con questo nuovo progetto ho voluto andare ancora oltre, offrire qualcosa di ancora più oscuro, con influenze più ampie provenienti soprattutto dal black-metal, dal noise o anche dal drone, con un’estetica assertiva che non era usata così di frequente nella musica elettronica. Le mie influenze provenivano in particolare da artisti come Whitehouse, Burzum, Mayhem, NON, SunnO))), Perc o Aphex Twin. A quel tempo non pensavo ancora che questo progetto avrebbe preso la piega che ha preso nel 2019, Verset Zero a quel tempo era ancora un progetto di musica elettronica.

SODAPOP: La tua immagine, il tuo immaginario e la tua aura sembrano così oscure da arrivare fino nel profondo ed andare oltre, verso una sorta di purezza e incorruttibilità. Ma qual è la tua intenzione, artisticamente?  Disturbarsi, disturbare, aprire porte dentro l’ascoltatore o semplicemente colpirlo e annientarlo?
VERSET ZERO: Da un punto di vista estetico volevo offrire un’immagine forte, coerente, bella ma anche provocatoria, intimamente legata alla musica che ho creato. La mia cultura primaria veniva dalla musica rock e metal, sono cresciuto in questo immaginario e questa musica con gruppi come i Rolling Stones, o i Led Zeppelin attraverso i miei genitori, poi, intorno agli 11 anni, con Marilyn Manson, NIN, il wave metal degli anni ’90 /00 e anche dopo, con l’intero Black Metal Inner Circle.
È molto importante per me specificare qui che ho vissuto in questo piccolo villaggio, senza computer, senza accesso ad internet fino all’età di 17 anni per mancanza di mezzi, e che quindi tutta questa cultura musicale è stata fatta attraverso le ed alcuni amici. Venivamo tutti da un ambiente modesto, io soprattutto; ognuno di noi aveva i suoi gruppi preferiti, andavamo al negozio di dischi una volta al mese; era a 100 km dal nostro villaggio, appena tornavamo uno dei miei amici copiava i CD e li condividevamo. Abbiamo sperimentato questa cultura attraverso i dischi e le loro copertine, i DVD, le magliette e ovviamente le riviste. Sono stato il primo di noi ad andare ad un vero concerto metal: i miei genitori mi portarono a Madrid per un festival dove suonavano Marilyn Manson, Slayer, Dillinger Escape Plan e tanti altri; era il 2005, avevo 16 anni.
Anche l’immaginario cristiano ha avuto un enorme impatto su di me, ovviamente per la sua bellezza primaria, ma anche per il suo paradosso. In effetti, questa religione che difende l’amore del prossimo, la pace e la fraternità offre, nella sua iconografia e nei suoi scritti, violenza, morte e moralità di un’altra epoca. Quando è nato Verse Zero, per me era importante includere tutte queste immagini. Volevo creare una sorta di culto alternativo attraverso Verset Zero. Pochi artisti di musica elettronica sfoggiavano teschi, immagini di cadaveri e un’estetica religiosa/antireligiosa sul palco.

SODAPOP: Proprio riguardo a questo: sui social network Verset Zero si presenta come “Un versetto segreto dalle profondità del tempo” e “Il versetto segreto della Sacra Bibbia” e leggendo i titoli e guardando la grafica e le immagini che pubblichi su Instagram, l’immaginario religioso, anche di religioni lontane nello spazio e nel tempo, sembra avere molta importanza nel tuo lavoro. Che peso ha l’idea di “sacro” in Verset Zero?
VERSET ZERO: La religione (e sto parlando di tutte le religioni, non solo del cristianesimo) è estremamente importante per me, così come lo è la nozione di sacro, perché le disprezzo entrambe. Nella religione l’iconografia è strettamente legata al soggetto. Questo è quello che ho voluto fare con Verset Zero: che l’immagine diventasse un tutt’uno con la musica e quindi con il soggetto. La parola di Dio è sacra, intoccabile, incontestabile, così come mi disgusta la parola di queste istituzioni che se ne servono per schiacciare popoli e minoranze sempre più deboli. La religione simboleggia per me i mali della nostra società e del nostro mondo. Mettiamo in discussione diritti elementari, come l’aborto, in nome di Dio, uccidiamo in suo nome, violentiamo in suo nome, sradichiamo culture in suo nome, lo usiamo come motivo genocida, e questo dalla notte dei tempi. La religione accentua le disparità dell’umanità. Il posto delle donne è ancora una volta ridotto al loro status riproduttivo. E sono sconvolto nel vedere che nel 2024 tutto questo non è ancora pronto per finire. Credo che nulla dovrebbe essere sacro. Tutto è contestabile e credo dovremmo costantemente mettere in dubbio la nostra maniera di guardare al mondo ed alle istituzioni, religiose o d’altro genere. Nulla è definitivo, nulla è completamente nero o bianco. Ma amo giocare con i suoi codici “sacri”, per far diventare Verset Zero un culto, un paradosso, per criticare e svelare quello che questi codici celano. Mi faccio gioco della religione ma esaspero un pochino, caricaturizzandolo, anche il mondo metal, utilizzando i suoi codici. L’adorazione e la devozione che alcuni fan hanno per i loro idoli può essere ridicola. Non capiscono minimamente di essere parte del problema. Penso in particolare a quel genere di persone brandiscono le argomentazioni woke per toccare e cancellare artisti che non apprezzano, ma non appena le medesime accuse toccano i loro idoli (vere o false che siano) fanno orecchie da mercante. Ovviamente, il cursore del “sacro” è dove volete che sia.

SODAPOP: Nella tua carriera hai avuto una mutazione importante, passando dalla sfera elettronica a quella metal, per così dire, mantenendo intensità e identità ma in modo approssimativo cambiando solo la tua strumentazione e le tue armi. Cosa ti ha portato a questa svolta in Kerygma, nel 2020? Ascolti, riflessioni o strategie diversi rispetto al passato?
VERSET ZERO: Da un punto di vista puramente musicale, questa mutazione è avvenuta in modo del tutto naturale. Ho capito di aver acquisito tecnica e riferimenti sufficienti per comporre assolutamente tutto ma soprattutto per poter trasporre la mia musica stando da solo sul palco. Quindi ho fatto il grande passo. Mi sentivo anche musicalmente più vicino ad artisti come The Body, Full of Hell o Cult of Luna che a qualsiasi altro artista con cui avevo avuto a che fare. Aspiravo a cose nuove e avevo, secondo me, esplorato tutta la scena in cui operavo. Nella mia carriera ho avuto molte delusioni provenienti dal mondo elettronico che, da un punto di vista molto personale, è diventato un mondo di poser. È una musica che evolve con la tendenza e con estrema rapidità attraverso le tecnologie, che cerca un valore politico, ribelle e di protesta ma che alla fine rimane solo puramente commerciale. Gli artisti nascono con la stessa rapidità con cui scompaiono. Il pubblico vuole solo un suono potente, una cassa in 4/4 e una gran quantità di alcol e droghe. Adesso la gente va a una festa, non a vedere un artista. Naturalmente ci sono delle eccezioni, ovviamente amo ancora questa musica, ma avere ambizioni carrieristiche in un ambiente così vuoto non faceva più per me. Siamo ormai molto lontani dal movimento degli anni ’80/’90.
Mi sono trasferito a Parigi ed è stato nel 2018 che ho iniziato a comporre Kerygma e segnare questo cambiamento musicale. La mia musica è diventata più organica, più strumentale, ho iniziato a scrivere e registrare voci, e ho accentuato l’aspetto strutturale dei pezzi con composizioni più orientate al black-metal, ma anche composizioni con strutture classiche: strofa/ritornello/break.
In questo periodo conobbi anche il duo dei Fortifem che mi permise di suonare con i maggiori gruppi della scena metal francese come Alcest, Perturbator o Hangman’s Chair durante la serata degli Arcani Maggiori al Trianon di Parigi. Successivamente è stato superato il punto di non ritorno. Verset Zero non sarebbe più stato un progetto di musica elettronica ma un progetto post-metal nel senso ampio del termine. La vera difficoltà per me è stata far capire alle etichette, agli organizzatori, ai media e ad una certa parte del pubblico che si poteva fare “metal” senza necessariamente avere lo schema classico della formazione di gruppo, e che il mio progetto non era una moda da “fanboy” che cavalcava una tendenza. Spesso ho dovuto fare i conti con il disprezzo di queste persone che mi vedevano solo come un’attrazione visiva, un DJ o un poser. Per molti devi essere un virtuoso, e vedere qualcuno come me che non sa suonare perfettamente uno strumento e non ha una voce incredibile, fa loro pensare che non meriti questo posto. Per fortuna ho avuto dalla mia parte il sostegno incondizionato della mia agenzia di booking (Swamp) e di artisti influenti sulla scena (penso in particolare a Fortifem, Primitive Man, Perturbator, Regarde Les Hommes Tomber, Ivar Nikolaisen di Kvelertak, o anche Ho99o9). Questo mi ha permesso di tenere alto il morale, la forza di resistere e di dire a me stessa che avevo fatto la scelta giusta.

SODAPOP: Vorrei approfondire questo aspetto: rispetto ai lavori precedenti, Phantasma sembra virare verso sonorità più industrial-metal, ma talmente rallentate e dilatate da raggiungere l’ascoltatore già quasi disarticolate, come se si fossero metabolizzati un gran numero di ascolti e resi in una forma già andata oltre i generi di riferimento. Qual è stato il processo che ti ha portato a sviluppare questo suono? Hai cambiato approccio nel comporre i pezzi?
VERSET ZERO: Ho sempre cercato di avere un suono “unico”, riconoscibile. Da Kerygma ho lavorato molto sulle texture del mio basso. È l’elemento chiave della mia musica. Quindi, naturalmente lo si ritrova in Phantasma. Ho passato ore a fare regolazioni e combinazioni di pedali per ottenere questo suono. Siamo a un livello estremo, abbastanza vicino al sound design. Ma per me era anche importante non esagerare, non produrre troppo il basso e la mia voce, così da ritrovare questa stessa identità sonora dal vivo. Non mi piace chiudermi in una scatola o definire il mio sound “industrial metal” perché non mi riconosco in questa scena che trovo troppo spesso caricaturale. E trovo che il termine sia diventato generico: non appena un artista unisce la musica elettronica al metal, è industrial metal. Ho sempre amato la musica industrial, come Throbbing Gristle, Godflesh, Vatican Shadow, Whitehouse, Aphex Twin. Ma non mi sento in alcun modo vicino ai Rammstein o ai Ministry. Ma è evidente che con Phantasma ho accentuato il tratto “metal” del mio progetto. Le mie maggiori influenze per questo album provengono da black, grind, sludge ma soprattutto dal doom. E utilizzo l’elettronica per dare un aspetto marziale, noise, ambient, persino rituale ed epico alla mia musica. Credo che sia questo mix di influenze che mi permette di avere un’identità difficile da definire, ed è per questo che mi definisco più “post-metal” (anche se anche qui abbiamo uno stile che è diventato un catch-all), perché questo genere comprende più gruppi che mi influenzano davvero come Amenra, Neurosis o Cult Of Luna. Ma è chiaro che il mio approccio alla composizione sia cambiato. Volevo offrire qualcosa di maggiormente personale, ma che fosse accessibile per la sua struttura musicale e più legata al suono rock e metal. Penso in particolare alle tracce L’Esprit Noir (con Ivar Nikolaisen) Triptique e Les Horizons Mélanconiques (con Perturbator). Lo scrivere ha cambiato completamente la dimensione di Verset Zero, così come il lavoro vocale, soprattutto nelle distanze fra i canti gutturali e le urla piccate in acuto. Volevo anche lasciare spazi per momenti emozionali e quieti, qualcosa che ancora non avevo sperimentato. Tutto questo credo dia a Phantasma una dimensione più toccante, ma anche elegante in un certo senso.

SODAPOP: parlando proprio del nuovo album, Phantasma sembra letteralmente esplodere grazie ad una forza molto umana, quasi un’interiorità che, quando viene mostrata, risuona senza mediazioni né filtri. È questa la libertà? Qualcosa che ti appartiene anche al di fuori della musica? Da cosa distingue la tua persona dal tuo personaggio?
VERSET ZERO: Volevo rendere Verset Zero qualcosa che andasse oltre la personificazione. Seguiamo, attraverso gli album, un eroe senza volto, con le sue paure, la sua rabbia, la sua amarezza. Può essere te, proprio come me. È vero che in Phantasma ho lasciato parlare un po’ di più le mie emozioni. L’album racconta l’amarezza del nostro eroe che, nelle sue fantasticherie di uomo tra la vita e la morte, deve fare una scelta cruciale: restare in questo mondo metafisico dove è in pace ma, essendo onnisciente, vedendo la fine della nostra umanità, oppure tornare sulla terra, in un mondo che odia, e aggrapparsi ai suoi obiettivi passati e alla poca luce che ha conosciuto per cercare di evitare questa fine disastrosa. In Phantasma parlo di molti argomenti ma soprattutto del lutto del personaggio per la propria morte, dell’accettazione di questa, ma anche dell’incomprensione del mondo in cui vive, e del mondo come sarà.
La realtà si è unita alla finzione. Infatti durante la produzione del disco mio padre si ammalò gravemente, quindi ho composto questo album in un clima abbastanza oscuro e duro, lontano dalla famiglia. Mio padre morì 3 mesi prima che uscisse Phantasma.
Sono anche estremamente toccato dal nostro mondo. Trovo difficile immaginare un’evoluzione positiva della nostra umanità. Siamo ormai in un universo manicheo dove le sfumature quasi non esistono più. Ho espresso entrambi questi sentimenti nell’album.
Verset Zero è in un certo senso l’estrapolazione dei miei dubbi, delle mie paure, delle mie ansie, delle mie incomprensioni ma soprattutto della mia rabbia e del mio odio. Mi assicuro di non dire troppo affinché tutti si possano riconoscere in queste emozioni e nelle parole dell’album. Per me è importante mantenere la privacy. Io e Verse Zero siamo necessariamente strettamente legati. Ma nella vita privata, credo, sono una persona piuttosto socievole e che si gode la vita senza voler pensare troppo a tutto questo mondo negativo, anche se lentamente mi sta divorando.

SODAPOP: Nelle tue ultime apparizioni dal vivo hai diviso il palco sia con artisti post-industrial (Trepaneringsritualen, Kollaps) che con band metal estreme (Primitive Man). Personalmente ho sempre apprezzato i concerti che mi proponevano gruppi di generi diversi uniti da un’attitudine comune, ma dal tuo punto di vista c’è un ambito a cui credi di appartenere più di un altro? Quali sono state le reazioni del pubblico alle tue esibizioni?
VERSET ZERO: Ora faccio parte della scena “metal”. Suono molto di più con gruppi di questo movimento, mi sono unito ai Marduk a Stoccolma a marzo, ho suonato anche con Bolzer o Messa per esempio. Ma ai miei occhi tutti gli artisti con cui ho suonato sono imparentati e nel complesso troviamo lo stesso pubblico. Quest’estate ho potuto suonare al Brutal Assault o addirittura aprire per Ho99o9, e ammetto che lì avevo una pressione diversa. Gli Ho99o9 sono una live band estremamente efficace, con un’energia pazzesca. Raramente ho visto una band fare irruzione in un pit come loro. E aprire per loro è stata una vera sfida. Pensavo che il pubblico non sarebbe stato necessariamente aperto alla mia proposta musicale, perché era molto pesante e marziale, invece è stato esattamente il contrario. È stato uno dei migliori concerti che abbia mai fatto: il pubblico si è dimostrato estremamente ricettivo, fin dalla prima canzone li ho fatti viaggiare con me. Ed è stato dopo questo concerto che i ragazzi di Ho99o9 mi hanno chiesto di lavorare su una traccia per il loro EP.
È stato in quel momento che ho capito che le cose si stavano muovendo. La scena musicale estrema sta cambiando. Stiamo vedendo sempre più progetti musicali entrare nella scena “metal”, e i principali artisti di questa scena offrono progetti collaterali piuttosto innovativi e diversi: Godlfesh (JK Flesh), Ethan Lee McCarthy di Primitive Man (Many Blessings), Igor Cavalera (Petbrick) e Amenra (CHVE, Doodseskader). Come non menzionare Jesus Piece che sta facendo esplodere tutto in questo momento e che rompe molti codici? Ho la fortuna di arrivare in un periodo in cui la scena metal si sta aprendo a stili più complessi e diversificati. Recentemente c’è stata una rinascita e abbiamo trovato forze nuove nel pit. Penso in particolare a gruppi come i Turnstile, e arriverei anche agli Yungblud, che sono riusciti ad attirare un pubblico molto più giovane e che sono una perfetta porta d’ingresso verso la musica estrema, come seppero fare i Korn nel ’94. Lo si vede anche guardando il cartellone dell’Hellfest di quest’anno, dove troviamo gruppi come GGGOLDDD, Wargasm o Chelsea Wolfe. E ovviamente il Roadburn, che da un po’ di tempo infrange moltissimi codici. Il pubblico è in evoluzione, ai concerti troviamo giovani sui 16 anni, troviamo anche un pubblico più maturo, più attento ai silenzi e più propenso alle novità, alle mutazioni e alle esperienze musicali. La mia musica è quindi molto più accettata dal pubblico anche se alcuni addetti ai lavori (booker, etichette, organizzazioni, ecc.) vogliono ancora gestire questo settore con il pugno di ferro e “non vogliono correre rischi”. È passato troppo tempo da quando molti professionisti hanno scambiato le loro palle con la comodità e il profitto.

SODAPOP: Come viene percepito il tuo sé artistico da chi ti circonda, dal tuo mondo che esula dalla musica? È fonte di connotazione, di curiosità, di lontananza, oppure la tua arte rimane nascosta e non viene condivisa con il tuo mondo reale?
VERSET ZERO: C’è sicuramente un aspetto un po’ paradossale quando hai un progetto musicale estremamente oscuro come il mio. Le persone che non mi conoscono personalmente mi vedono come una persona piuttosto misteriosa, soprattutto per l’estetica che utilizzo sui miei social network o con i miei clip e foto, in cui non si vede mai chiaramente la mia faccia… Durante i concerti sono spesso piuttosto nervoso, quindi abbastanza discreto, spesso sto nel mio camerino a bere qualcosa o al telefono. Ci sono alcune “leggende” che sono emerse dall’immaginazione delle persone, come ad esempio che fossi fascista, omofobo, che facessi riti, messe nere, che praticassi il BDSM, o addirittura il cattolicesimo o il satanismo… tutto è ovviamente falso, soprattutto l’aspetto fascista e omofobo. Sono solo un ragazzo affascinato dalle arti oscure e che gioca con certi codici e certi immaginari religiosi.
Per quanto riguarda le persone a me vicine, sono piuttosto impressionate dal carico di lavoro che svolgo in Verset Zero, perché faccio proprio di tutto, dall’amministrazione alla creazione, alla direzione artistica dei clip, delle foto, della composizione, della scrittura, del mixaggio degli album, ecc…, ma a volte anche sorprese da questo lato molto negativo e oscuro che lascio trasparire, perché in realtà sono una persona piuttosto estroversa e socievole: esco molto, ho avuto un’infanzia felice, ho parecchi amici, sono desideroso di cultura e conoscenza. In generale va tutto bene, anche se a prima vista posso avere un aspetto freddo. Poi ovviamente uno ha i suoi amici più cari, mia madre, la mia ragazza, i miei amici d’infanzia… che mi conoscono davvero e percepiscono un po’ di più le mie fragilità, il mio fatalismo e ciò che mi tocca.

SODAPOP: Se dovessi pensare ad una canzone per dare inizio al mondo e ad una per finirlo, che tipo scelta faresti? E uno per la tua nascita e la tua scomparsa?
VERSET ZERO: No Fucking Idea. Hahaha!

SODAPOP: Nel tuo e in tanti altri progetti che amo e ho amato, come Johnny Cash o Fausto Rossi, ma anche Ovo, ciò che mi conquista e li rende indispensabili è l’intensità e totalità nella dedizione alla musica in alcune fasi della loro carriera. Se tu dovevo pensare a quali figure (o anche eventi), non necessariamente musicali e non necessariamente artistiche, ti hanno spinto verso questa intensità, sapresti nominarli e descriverceli?
VERSET ZERO: Personalmente nessuno mi ha davvero ispirato o influenzato nelle mie scelte professionali. Ma è vero che ammiro gli artisti e le persone che portano avanti le proprie idee e che rimangono oneste anche se questo significa mettersi in pericolo. Penso in particolare a Johnny Cash, Lemmy o, in altri registri, ad Andy Kauffman o Alan Turing. Ho preso molti rischi nella mia carriera e nella mia vita personale per dedicarmi a questo progetto. Ho rifiutato i tour con grandi artisti perché le loro proposte non erano rispettose della mia musica. Ho rifiutato date o pubblicazioni su etichette perché mi chiedevano di adattarmi. Recentemente ho anche fatto la scelta di smettere di lavorare per dedicarmi esclusivamente a Verset Zero, cosa che mi ha messo in una situazione personale delicata. Ho lasciato tutto dopo il liceo per dedicarmi alla musica, ho collezionato lavoretti, mi sono allontanato dalla famiglia e ho usato la maggior parte dei miei soldi per creare il mio studio e il mio progetto. Molto (forse anche troppo) spesso metto da parte la mia vita personale per questo. Spero ancora di non sbagliarmi su alcuni punti. Il futuro lo dirà. Sono una persona passionale ed amo vivere la mia vita intensamente, così mi capita spesso di arrivare ai miei punti di rottura. Come dicevo, sono cresciuto in un ambiente modesto, con una realtà piuttosto complicata, pensando soprattutto alla mia sorella minore, che è portatrice di una grave disabilità. Mia madre si è presa cura di lei per gli ultimi 30 anni e so che questo compito un giorno o l’altro toccherà a me. Spero solo di riuscire a farlo per bene. Il tempo ci dirà.

SODAPOP: Che tipo di effetto ha la tua musica su di te? Catartico, calmante, energetico, uno sfogo, qualcos’altro?
VERSET ZERO: Verset Zero ha su di me un effetto catartico. La musica fa parte della mia vita. Lei è il mio amore, la mia amante, la mia migliore amica, il mio peggior nemico. Lei è la ragione delle mie gioie e dei miei dolori. Mi fa sognare come può terrorizzarmi. Comporre, scrivere, stare sul palco, condividere con il pubblico è una delle cose che mi rende più felice al mondo. Ho dedicato la mia vita alla musica da quando avevo 14 anni, grazie ad essa ho conosciuto persone favolose, grazie ad essa ho viaggiato, ho guadagnato soldi, ho perso anche tanto, ho condiviso emozioni, mi sono aperto agli altri e ho scoperto me stesso come persona. Ciò che è diventato Verset Zero è un risultato per me. Ho sempre sognato di far parte di un progetto metal… la mia posizione geografica in quel momento, la mancanza di mezzi, non me lo permettevano. Ora lavoro con gruppi che ammiro e sono estremamente orgoglioso di tutto ciò che sono riuscito a fare da solo. Phantasma è, ai miei occhi, il culmine di Verset Zero e di tutto ciò che volevo fare da quando ho iniziato a interessarmi alla musica.

SODAPOP: Cosa ci aspetta dal futuro di Verset Zero?
VERSET ZERO: Non voglio sbilanciarmi troppo, non si sa mai cosa porterà il domani, soprattutto di questi tempi. Ma posso già dirvi che ad aprile/maggio uscirà un Ep per celebrare il decimo anniversario di Verset Zero. Si tratta di un Ep B-side dell’album, con 4 brani originali, ma anche remix di Phantasma fatti da artisti che mi piacciono e di diversa provenienza (rap, metal, noise, synth-wave, industrial). L’idea è quella di offrire qualcosa di un po’ diverso dall’album, cose che non potevo fare su Phantasma per mancanza di coerenza con quest’ultimo. Poi è previsto un tour per il 2024. Attualmente sto preparando importanti modifiche per la versione live del progetto, ma nulla verrà rivelato prima del 2025. Infine penserò al seguito di Phantasma. Ci sarà sicuramente un nuovo album con lo stesso spirito, nuove clip, ecc… ma non so ancora quando.