Verme – Un Verme Resta Un Verme (Autoprodotto, 2010)

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Un'Agatha, più un Fine Before You Came, più un Dummo, più un Hot Gossip, uguale: un Verme.  Trovarsi a suonare perché ci si diverte a farlo col cuore e senza pelle. Avete presente i Venomous Concept? Gente di Napalm Death e Brutal Truth che si mette insieme a suonare la musica dei propri 16 anni, thrash, hardcore e giù di lì. Qui è la stessa cosa, ma si tratta di quell'emo detto 98 e forse anche un po' prima. Così abbiamo quatto pezzi con voce urlata, sezione ritmica che fila, chitarra melodica, testi in italiano personal-sentimentali, il tutto fortunatamente lontano dalle svenevolezze e dalle pose che troppe volte si vedono da queste parti. Superfluo dire che è un disco inutile, che propone un genere ormai estinto e di cui non si sente il bisogno di una resurrezione. Roba di 15 anni fa, quando la mia vecchia Punto era nuova, l'Inter non vinceva neppure a pagare, i mulini erano bianchi e l'emo era core; e lo si suonava così, con convinzione e spontaneità. Un Verme Resta Un Verme è una piccola cosa, ma fatta come si deve, per cui, se sono i suoni con cui siete cresciuti e volete un po' di amarcord o se ne avete solo sentito parlare, andate sul loro blog e scaricatevelo. Poi, se una il Verme suona dalle vostre parti, secondo me vale la pena di andare ad ascoltarselo e farsi quattro salti. Perché, come dice Lake "non c'è niente da capire nei Verme, bisogna solo singalongare e perdere le scarpe". E questo, da solo, vale tutta la recensione.