Venta Protesix + Deprivation + Sn. Dpt, Hangar 211, Lonate Pozzolo, 10.01.2025.

Giunti a Lonate Pozzolo, probabilmente nella pizzeria più amena della provincia Varesina ci rendiamo conto di quanto sia bello condividere uscite, passioni ed ossessioni comuni. Certo, il terzetto di stasera è composto da Attila Folklor (Mevda, Mulo Muto ed Insomnia Isterica), dall’uomo Luce Sia ed Icydawn Sacha Rovelli e dal sottoscritto, ma seguitemi. Hangar 121, birra Castello ed un terzetto Noise d’eccezione, SN.DPT, Deprivation e Venta Protesix.

Il primo modula frequenze di fischi con la movenza di un asceta indefesso, braccia a brandire un distorsore e sguardo concentrato, suoni pieni e puliti, fischi e macerie con una coesione ed in efficacia che appaga. Siamo distanti dal suo solito operare come sodale de La Furnasetta, ma anche questo progetto è di caratura importante, lavorando su mole in maniera ambivalente, di volume e di raschio in maniera sostanziosa. Masse dinamiche che si spostano lentamente in maniera inesorabile, fino a riempire di tossine e di scarto l’ambiente al loro passaggio, per un ascolto rinfrescante e coinvolgente.

Mauro Sciaccaluga se la gioca invece più sporca, con suoni ferini e caustici, proiezioni di Sex Android, un filmaccio con brutture sfigurate e frustate a donne seminude e la sensazione di noise music come dolore e fastidio ben piantata in testa. Deprivation fa male, esplicita il brutto e la tortura in maniera forse anche classica ma, cazzo, assolutamente funzionante. Le urla si perdono nel suono ottenebrato, in un gorgo che ferisce e lacera stomaco ed orecchio e le sevizie ed il rapporto morboso fra malcapitata e mostro aggiunge pepe al marasma. Il suono si trasforma, creando una sorta di gracidante rapsodia squarciata, che il nostro martoria sapientemente, con mestiere e presenza scenica. La sensazione è quella dei una performance sincera e di puro cuore dove l’impossibilità di comprendere qualunque parola o verso ci impone di spegnere il cervello e di accogliere con stomaco e corpo questo passaggio quasi fisico di input.

Venta Protesix processa glitchcore in maniera assurda con la verve di un impiegato al catasto, mascherina in volto e frequenze basse che partono random facendo vibrare le prime file della sala, piena ed attenta. Sembra di assistere allo stupro di una partita di Wolfied, tifando per il virus che sta creando lo sfacelo ed aspettando i momenti più “pop”, quali le catene ritmiche del jackpot che riescono a fagocitare il riflesso pavloviano di vincita di tutti noi. La tensione fra l’opera e l’operante è il pezzo d’interesse della performance di Italo Belladonna con una placida concentrazione smossa unicamente dall’abbandono della seduta per poggiare un ginocchio a terra mentre subissa di violenza sonora la platea. In questo caso il discorso affrontato poco prima rispetto all’esibizione live con computer (che il sottoscritto rileva come fredda e difficilmente consistente dal punto di vista della performance) va a cadere, giocando il musicista proprio su questa sottile linea, rimanendo impassibile e freddo mentre scatena l’inferno digitale.
Intrigante cogliere differenze e visioni in un marasma sonoro finemente cesellato, nel quale gli autori si muovono con personalità brillante.
Plauso ad Hangar 121 ed a Deeptroath Records per la curatela, il coraggio ed il buon gusto. Per noi un’ottima occasione di dare viso ai nomi (presenti Marco Giorcelli ed Enrico Marchegiani dei Blocco Nero, stringere mani e conoscere e riconoscere parti di quell’insieme di spostati che sono gli estimatori del genere.