U.S.O. Project – Inharmonicity (Synesthesia, 2008)

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A volte ci sono cd che ci impiegano un po' più tempo di altri per essere fruiti e per quanto si tratti di una cosa scontata, a volte tocca davvero appiccicarselo in fronte a mo' di memorandum. Questa premessa forse non è neppure appropriata per il disco di U.S.O. Project, ma state pur certi che non è roba per chi si ascolta l'elettronica da cocktail o quella stile carta da parati (con tutto il rispetto per la categoria e per gli arredatori…), allo stesso tempo non si tratta neppure di una mattonata alla Stockhausen che senza un buon training autogeno non si affronta, diciamo che in un certo senso è un po' a metà strada fra l’elettronica da conservatorio e certi tipi di sonorizzazione degli ultimi dieci anni. Matteo Milani e Federico Placidi chiariscono di essere interessati alla musica digitale ed all’improvvisazione elettroacustica e questo a tutti gli effetti è quello che offrono, non per nulla mi hanno ricordato materiali più soft di gente come Pateras, alcune cose di Kim Cascone, della roba della and/OAR e così via. In questo disco la cui copertina per qualche motivo che mi sfugge mi ricorda Vesna Va Veloce, le tre lunghe suite danno vita a delle atmosfere soft, pur non trattandosi di musica ambientale, al più di sonorizzazioni e direi anche ben eseguite anche sotto il profilo della resa sonora che è ineccepibile. Fruscii, sibili, folate di suoni mentre altri vengono tenuti appositamente bassi in un gioco di volumi che è un po' il perno attorno al quale ruota questo disco. S'impone la necessità di un ascolto fatto con molta attenzione dato che essendo un po' impostato su una certa cerebralità disegna un paesaggio a dir poco studiato. Anche il silenzio è uno dei tratti che caratterizzano la facciata di questo lavoro, così capita che nella lunghissima traccia finale …From The Past… Out Of The Future, nei quaranta minuti di percorso i black-out e gli abbassamenti di intensità non siano pochi e così capita che ne risulti uno svolgimento che nella sua calma nasconde un certo ché di inquietudine, tinte fosche di sicuro, ma più che mai inquiete. Probabilmente sto sparando l'ennesima inesorabile cazzata, ma ultimamente ho l'impressione che come in certi ambiti il rumore ed il noise siano finalmente tornati in auge fino a sfiorare quasi la popolarità, in altri contesti l'astrazione e l'inespressivo la facciano da padroni. Questa non voleva certo essere una critica, al più una costatazione, è anche vero che se ogni musica è figlia del suo tempo direi che sia il momento giusto per scappare dal reale… Fuga Da New York a tutto tondo.