Alcuni album arrivano in modo inaspettato, non tanto per la data di uscita quasi sempre ampiamente annunciata, ma per il fatto di smentire totalmente l’idea di come avrebbe potuto suonare la prossima opera di un artista che segui attentamente. Memori, infatti, di quanto il buon Thurston Moore aveva fatto nei precedenti Rock n Roll Consciousness, Spirit Counsel e By The Fire, si poteva supporre che il loro successore sarebbe potuto essere un disco di brani lunghi e articolati, ricco di sperimentalismi kraut come di estese divagazioni psichedeliche e, perché no, con accentuati sviluppi di scuola Chatam/Branca. E invece in Flow Critical Lucidity gli ingredienti che negli ultimi suoi lavori si proponevano di allargare gli orizzonti di un linguaggio ben noto vengono ben perimetrati in strutture solide ed efficaci. Ed è una cosa molto positiva vista l’alta qualità che idealmente situa il disco nel continuum di una trilogia che va dal mitico Psychic Hearts (1995), passa per l’ottimo Trees Outside the Academy (2007) e arriva ai giorni nostri con questo nuovo capitolo.
Senza quindi provare a fare ulteriori pronostici – il buon Thurston può sempre stupirci con le proprie scelte – è giusto evidenziare come il Nostro sia tornato con una manciata di canzoni accorate e visionarie, ricche di storture perfettamente armonizzate e tanto ispirate da risultare indispensabili nella sua discografia. Ad assisterlo ritroviamo i sodali che lo seguono ormai da un po’, ovvero Deb Googe, Jem Doulton, Alex Ward, James Sedwards e Jon Leidecker, mentre i testi sono stati scritti per la maggior parte da Radieux Radio, al secolo Eva Prinz, attuale moglie di Moore.
New In Town apre cantilenante e sghemba su una base di percussioni per afferrare la consapevolezza del presente ma guardando lontano, e senza dimenticare l’importante storia che abbiamo alle spalle (Minor Threats, Teen Idle vibe / Freedom springs Let them inside / Bad Brains, Red C, a Youth Brigade, GIs, Fugazi, here to stay). I cori di Laetitia Sadier degli Stereolab arricchiscono la successiva Sans Limites, un viaggio dal sapore estatico ben esaltato dalle note di un pianoforte incastrate tra gli incroci di chitarre a mescolare abilmente pathos e conturbamento. Le parole qui aspirano alla guarigione e alla responsabilità, all’elevazione dalle zavorre psicologiche per ricostruirsi più forti di prima (These risks will define your life / This is the daylight of your own time / Grow up to the stars / Speak to infinity / This time is yours / Flow critical lucidity). Qui, come anche nel groove ombroso ed esoterico di Rewilding, le percussioni di Doulton donano un pregevole tocco di esotismo che ne espande la prospettiva.
Con la perfetta Shadow (l’unico testo del lotto scritto dall’ex Sonic Youth) siamo dalle parti del sopracitato Psychic Hearts, un tenebroso flusso di coscienza contro le forze del male che si trascina sorretto da giri minimali e obliqui, un percorso a tratti spigoloso che conduce fino a una breve coda psycho-fuzz (Our watch remains sanctified / Stars burn, you saw it too / I thought / I saw yr shadow in the hallway). Subito dopo le nuvole si diradano con la luminosa e romantica ballata di Hypnogram, canzone che si libera come una sorta di americana rivista e corretta in chiave mooriana (Reach out your arms inside our dreams / Give me the signal when you find me). Straniante e buio è invece il passo lento di We Get High, una traccia narcotica e quasi ieratica che viene elegantemente attraversata da brusii e pulviscoli elettronici come anche da frastuoni di chitarre che piovono come tuoni lontani. La finale The diver gioca anch’essa su incroci ipnotici, nel sacco si porta dietro qualcosa da Daydream Nation, ma in questo caso risalta maggiormente un desertismo sospeso che ne distende la psicosi lisergica come fosse una preghiera (Exploration of the breathtaking / Capturing precise extent of angel’s wing / Sirens, bells & baby seagulls sing / For the diver). Quaranta minuti di bellezza.
Thurston Moore – Flow Critical Lucidity (Daydream Library Series, 2024)
