Tashi Wada e Julia Holter – Live alla Chiesa Rossa, 06.11.2024, Milano

Mai seguire il navigatore per arrivare a piedi alla Chiesa Rossa: mi sono perso nella fitta nebbia notturna di Abbiategrasso, ritrovandomi solo e sconsolato al centro di un parco abbandonato, proprio come mi sentivo io. Alla fine, però, sono arrivato alla Chiesa Rossa, e questa breve esperienza di smarrimento fisico e mentale penso mi abbia messo nello stato d’animo giusto per la musica che stava per travolgermi.

Appena arrivato, mi sono precipitato in prima fila: questa musica, che mi accompagna da tempo, volevo non solo ascoltarla, ma anche vederla, cercare di capire come venisse creata ed eseguita dal vivo. Tutti i posti a sedere erano occupati, e questo, oltre a rendermi felice perché la musica di Wada e Holter merita tutta l’attenzione possibile, mi incuriosiva. Così ho passato il tempo prima del concerto a perdermi tra le linee luminose di Dan Flavin e la vibrante e cangiante umanità in attesa con me.

Dopo una breve introduzione di Threes Productions, che ha eroicamente organizzato la serata in collaborazione con Fondazione Prada, sono entrati Tashi Wada e Julia Holter. Si sono posizionati ai sintetizzatori e, nel profondo silenzio che si era creato, hanno iniziato a generare onde sonore con gli occhi sugli spartiti. Pian piano, le vibrazioni hanno cominciato a espandersi nell’ambiente. I brani erano quelli dell’ultimo lavoro di Wada, ma non nella versione splendidamente prodotta dell’album, bensì in una versione molto più essenziale, quasi grezza. In questo caso, però, “grezza” ha una connotazione estremamente positiva: era come assistere all’essenza dei brani, ridotta a due sintetizzatori e una voce, niente di più.

I tempi e i passaggi si sono dilatati, riportandomi subito alla mente La Monte Young, Pauline Oliveros, Terry Riley e tutte le ricerche elettroniche, sperimentali e mistiche degli anni ’70 americani e non solo. Questi elementi, da sempre presenti nel percorso artistico dei due musicisti, sembravano qui prendere più spazio in maniera consapevole. In uno dei primi brani, Tashi Wada ha imbracciato la sua cornamusa e, percorrendo il perimetro della chiesa, ha generato un drone profondo che ha saturato lo spazio, delimitando il cerchio magico che ci includeva tutti. Da quel momento in poi, abbiamo vibrato all’unisono con una musica che, pur contemporanea, sembrava arrivare da lontano, da altri luoghi e tempi.

Holter e Wada, con sobrietà e determinazione, come umili officianti della loro musica, hanno continuato l’esecuzione quasi senza pause. La Holter appare visibilmente molto raffreddata e forse influenzata, ma ciò non compromette minimamente le sue esecuzioni, che avevo già apprezzato su disco ma che dal vivo mi sembrano quasi incredibili. Oltre a una tecnica impeccabile, emerge quello che subito percepisco come un dono innato: a volte sembra che vada alla ricerca e scopra note e suoni che erano sempre stati lì, nascosti nel pulviscolo dell’aria, di cui non ci eravamo mai accorti fino a quando lei, come una rabdomante, non ne intuisce la presenza e li porta alla luce. Osservare Julia Holter mentre si faceva strumento conoscitivo per sé e per noi è stato profondamente toccante. Lo stesso vale per l’alchimia tra i due musicisti, che con brevi sguardi e sorrisi decidevano la direzione da seguire.

Dal secondo brano in poi, tutto ha preso forma e sostanza. La loro potenza sonora faceva tremare porte e finestre, con droni intensi che ci investivano e vertiginose alternanze tra momenti di quiete e picchi sonori, rendendo l’esperienza sempre più profonda. Eravamo tutti rapiti da ciò che accadeva dentro e fuori di noi. Il tempo è stato un elemento fondamentale: Wada, con una sorta di andamento salmodiante, ha creato onde sonore imponenti che si espandevano in crescendo, mettendo in discussione la percezione temporale dell’ascoltatore.

Il suono di Wada e Holter è ancestrale; a tratti sembrava provenire direttamente dal Cambriano, per poi catapultarci nella contemporaneità con strutture e trame moderne. Questa è musica che cerca, e trova, una propria via luminosa di crescita. Ascoltarla significa crescere e imparare a essere esploratori, non consumatori inconsapevoli. Dopo vari brani, Wada ha ringraziato il pubblico, accennando alla situazione difficile in America. Come dargli torto e come non apprezzare, anche in questo, la loro consapevolezza musicale, linguistica e sociale.