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Visti e sentiti: cronaca frammentaria di un’estate in musica

Senza pretese di essere esaustivi, un rapido excursus su quanto ci è capitato davanti agli occhi (e nelle orecchie) in questi mesi. Non molti nomi, in effetti, un po’ perché le vacanze sono pur sempre vacanze, un po’ perché la proposta in giro non è che fosse propriamente imperdibile: sono mancati gli appuntamenti che, a nostro parere, valessero l’ormai alto prezzo della benzina. Mesi di magra, dunque, non solo dal punto di vista meteorologico.

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Scott McCloud: dai Girls Against Boys ai Paramount Styles, alive and kicking!

Forse non è necessario fare introduzioni, ma visto che nel mondo che è venuto dopo l’esplosione della rete il tempo oltre che scorrere "lungo i bordi" corre molto più veloce e la memoria storica è da sempre quella che è (come forse è giusto che sia), forse è meglio dire prima di tutto un paio di cose. Al di là dei disquisizioni se sia peggio vivere in un eterno presente o essere schiavi di una memoria ipertrofica, Scott McCloud ha suonato in alcuni dei miei gruppi preferiti e ha realizzato alcuni dischi che tutt’ora restano il simulacro dei sogni bagnati di parecchi musicisti della generazione post-hardcore e noise fra tardi anni Ottanta e primi Novanta. Non pago di aver suonato in almeno due gruppi di culto come Soulside e Girls Against Boys (come se i New Wet Kojak fossero da meno…), questo neo papà è al secondo giro di boa con il suo nuovo progetto, i Paramount Styles. Seppur sia passato parecchio in sordina rispetto al potenziale di molti dei pezzi scritti da Scott, i Paramount hanno reso felici molti orfani di quel cantautorato rock "diverso" che in altre epoche aveva reso celebri gruppi come i dEUS (con cui non a caso il nostro eroe aveva collaborato). Purtroppo lo spazio di un’intervista è troppo breve per potersi sbizzarrire a fare domande su ogni singolo progetto, ma McCloud ha anche collaborato a progetti diversi come il gruppo electro-punk Operator, in cui il nostro lavorava in copia con niente poco di meno che Teho Teardo e ha prestato la voce anche al lavoro d’esordio degli String Of Consciousness di Philippe Petit.

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Ocean Music

Ocean Music

O del perdersi e ritrovarsi quando passano le glaciazioni e le ere si consumano come noccioline al circo.
Era il 2003, come dire tanto tempo fa. Internet, si beh ok, lo usavamo. Ma era diverso. Come dire poco sfruttato, elitario, un po' snobby. Ma non piangiamo sul latte versato. Sapete com'era, no? I vostri fratelli più grandi ve ne avranno parlato. Era il 2003 e non ricordo per quale incrocio riuscimmo a portare Paolo di Komakino, una delle migliori fanzine a cavallo del millennio in Italia e uno dei migliori portali oggi per aprirsi il cervello a input buoni, a suonare a Genova. Paolo all'epoca interagiva con Christy Brewster in un duo che si mandava le registrazioni a mezzo posta e implementando i suoni, allora così demodè, della chitarra shoegaze del laziale alle sviolinate e alle voci eteree della scozzese. Con loro, stipati in macchina, un coadiuvatore a sei corde di provenienza mediterranea e un magrolino personaggio francese. Christophe si presentò come il label owner della Ocean, l'etichetta francese che avrebbe di lì a poco editato il disco.

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