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Cafeteria Dance Fever – Danceology (Hovercraft, 2012)

Garage quasi tipo Cramps. Suoni sporchissimi che in confronto il tradizionale Lo-fi è una roba passata sotto l’engineering di Brian Eno. Voce alta (non forte, proprio alta come tonalità), volutamente poco curata e vagamente stridula al limite del fastidioso. Questo mi dicono da subito i quattro componenti dei Cafeteria Dance Fever, gruppo di Portland – che sta agli States come a noi Berlino, nel senso che da lì esce spesso la roba che poi diventa trendy in un certo giro e nel giro di poco – che non fa mistero di gradire sonorità retrò-casinare come quelle che a loro tempo potevano proporre i Sonics (ecco, diciamo che un classicone come Psycho, magari anche versione live, può dare un’idea).

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AA.VV. – Blood On The Scratchplate ’65 (Motorsoundsrecords, 2006)

Piove, là fuori la cazzo di città fognosa è ancor più fognosa. E' pomeriggio e sembra sera. I coglioni girano, il direttore sbadiglia, il McMerdintosh ronza davanti al mio muso e ho voglia di bere mezza bottiglia di Jack e coca cola. Poi suona il cellulare ed è quello sfigato che vuole farmi lavorare coi pazzi. Magari gratis.
Insomma, il rock è nel letamaio, in questa giornata. E mi ha trascinato con la testa proprio sotto al liquame. Ma…

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