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Sanlupo – For Chorus, Cello & Electronics – 17/11/12 Ex Oratorio di San Lupo (Bergamo)

Capita spesso che si organizzino eventi in ambienti insoliti, dando così la possibilità di restituire questi luoghi al pubblico, di farli rivivere e dar loro, insieme a una nuova destinazione d’uso, anche la possibilità di una nuova vita. Non è propriamente questo il caso dell’ex Oratorio di San Lupo, già in passato utilizzato per mostre ed eventi, ma quello che si cerca di fare stasera è restituirlo alla sua originale funzione, quella di ambiente creato per la musica. Anche se certamente, non questo tipo di musica.

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AA. VV. – Brigadisco 4 – Capropoli (Brigadisco, 2012)

Le compilation della Brigadisco si preoccupano, di anno in anno, di fornire una panoramica sui gruppi che transitano dalle parti di Itri, nelle varie sedi in cui l’etichetta e la Cineteca Atomica del Garigliano organizzano le serate. E dato che da quelle parti passano quasi tutti, queste raccolte finiscono per rappresentare un po’ lo stato dell’arte della scena indipendente italiana, o come accidenti volete chiamarla.

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Belorukov vs Marziano/Fulkanelli – Aggarbatoo! Vol.1 (Lemming/Hysm?, 2012)

Ancora l’attivissima Lemmings Records (era un po’ che non ne parlavamo, ma non per inattività loro, bensì per ritardi nostri) ci presenta questo split tape ultralimitato fra due dui (l’eterno dilemma su quale sia il plurale di “duo”) esordienti ma composti da gente non di primo pelo. Leggete e ne scoprirete di più.

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Ronin – Fenice (Audioglobe/Tannen, 2012)

Riprende la saga dei Ronin, senza un cambio vero e proprio, ma con un lavorio incessante verso uno stile che teme pochi rivali, specie dopo l’acclamatissimo Lemming. Una sorta di album di Matt Elliott, quello, senza che Matt Elliott canti mai (nemmeno Il Galeone). Il progetto di Bruno Dorella affronta, fiero e romantico, la nuova sfida con un cambio di line up, l’ingresso alla batteria di Paolo Mongardi ( Zeus!), e la consueta giostra di ospitate (fra cui: Enrico Gabrielli dei Calibro 35, Nicola Manzan e lo stesso padre di Bruno, Umberto Dorella, all’organetto nell’unico brano cantato, It Was A Very Good Year). Si apprezzano le stilettate di brani strumentali, in ammollo ben bene dentro Morricone e la cultura mediterranea (Jambiya), che trascendono il semplice post rock/slowcore finendo col creare quell’atmosfera unica, quasi vintage, che ben conoscete se avete già ascoltato un disco dei Ronin.

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