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Joe Petrosino – Rockammorra (Essonamò Rec, 2009)

Se negli ultimi anni abbiamo un po' patito l'assenza di un nuovo rappresentante della musica partenopea più contaminata, credo che finalmente sia arrivato il momento drizzare le orecchie. Quando parlo di eredità partenopea non mi riferisco soltanto a 99 Posse o Bisca, ma a quella tradizione colta che si avvicina tanto a Peppe Barra quanto ad Eugenio Bennato. Ovviamente Luca/Joe Petrosino, classe 1978, nonostante la giovane età riesce a coniugare splendidamente le influenze della sua terra con l'urgenza musicale di Clash, Police e Ramones e questo, ovviamente, ce lo rende più simpatico.

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Agaskodo Teliverek – Psycho Goulash (Midfinger, 2009)

Mentre ascoltavo questo disco pensavo che un termine più di altri basterebbe ad inquadrarlo in modo più o meno decente ed il termine è “giap-pop”… il termine esiste? No? Se non esiste posso diventare famoso come quel giornalista che aveva inventato "post-rock"? Oppure posso entrare nell’accademia della crusca? (Per altro ho un quesito estemporaneo sull’accademia: ma sono gente che in virtù dell’appartenenza a quella specifica accademia non ha problemi di intestino pigro?… no, perchè ultimamente mi rendo conto che non è mica roba da sottovalutare!).

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Ty Segall – S/T (Castle Face, 2008)

A volte è meglio tornare indietro, ma farlo davvero, senza tentare la strada della reinterpretazione in chiave moderna: niente paura, in questo disco non troverete gruppi finto pop anni '80, oppure finta new wave, oppure finto folk, oppure finto _ _ _ _ _ _ (in modo da rendere questa recensione duratura nel tempo, aggiungete voi l'ultimo recupero di sonorità del momento pompato da tutte le riviste). La ricetta di questo disco non è complicata: prendete le spiagge della California, aggiungete Roy Orbison, le tavole da surf, il punk (quello "primitivo") e una atmosfera da junkie che piacerebbe ai Royal Trux: insomma, il rock and roll.

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The Points – S/T (Mud Memory, 2008)

Roba da far sembrare gli Zeke progressive con l'ukulele e i Ramones troppo concettuali per essere punk-rock, The Points, trio/duo(?) della Virginia, vanno giù a testa bassa coi soliti giri one-two-three-four, ma lo fanno a meraviglia. C'è da notare che il tasso di acidità della chitarra, gravida di fuzztoni e riverberi, fa spesso strabordare l'anima della band in un garage emozionale e volitivo, ma senza cedere un momento o tirare il fiato.

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