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Birthmark – Antibodies (Polyvinyl, 2012)

Nate Kinsella, il cugino dei due più noti fratelli, si è aggiunto negli ultimi anni ai Joan Of Arc, creatura di Tim Kinsella, ha aiutato alla realizzazione dei dischi di Owen (quelli dell’altro fratello Mike) e di molti altri loro progetti collaterali (geneaologia completa su www.joanfrc.com) e arriva al terzo disco come solista col nome Birthmark: fino a questa primavera per me era un perfetto sconosciuto.

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Owen – Ghost Town (Polyvinyl, 2011)

L'anima sentimentale dei Kinsella, – non Sophie, quella del libro I Love Shopping e I Love Shopping con mia sorella, ma Mike e la sua sigla Owen, usata nei momenti in cui si apparta, lontano dai Joan Of Arc – torna con il settimo disco. Siamo sempre tentati all'ascolto invogliati dalle copertine e sentito quel suono che, da subito ti fa stare a tuo agio sul tuo divano sfondato: l'altra faccia della medaglia sta nel fatto che tutti, o quasi, i dischi della sua lunga produzione non sembrano andare mai al di là del semplice commento "l'album si ascolta molto volentieri". Gli arpeggi, gli intrecci mai banali, quel minimalismo ostentato, la voce perfetta: colpisce nel segno il suo stile, meno le canzoni, che faticano ad arrivare ad un punto preciso. Pure in Ghost Town tutto si apprezza, ma i singoli brani scivolano via senza che nessuno mai si fissi bene in testa. Allora riascolti tutto dall'inizio e forse sì, sembra che, stavolta, sia arrivato al punto massimo di ispirazione raggiunto dopo New Leaves.

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Balmorhea – Rivers Arms (Western Vinyl, 2008)

Quando la Western Vinyl mi ha contattato per recensire i Balmorhea ero un po' titubante, ho visto che in catalogo avevano dei gruppi interessanti anche se forse non è proprio il pane quotidiano. Devo essere sincero, nonostante il fatto che avessero in catalogo anche Bexar Bexar, che mi era piaciuto parecchio, mi ha fatto temere che si trattasse dell'ennesima mattonata indie di quelle che "faccio pop ma non troppo perché sennò poi nel giro dicono che voglio diventare famoso… e che sì, lo voglio diventare ma meglio nasconderlo bene". Invece alzo le mani: "touchè", ho sbagliato tutto: non che il disco non sia indie melodico (e per altro così melodico che i Califone sembrino gli Slayer di Hunting The Chapel), il fatto è che è davvero bello e da come suona mi verrebbe da azzardare che sia anche musica parecchio genuina.

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