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Owen – Ghost Town (Polyvinyl, 2011)

L'anima sentimentale dei Kinsella, – non Sophie, quella del libro I Love Shopping e I Love Shopping con mia sorella, ma Mike e la sua sigla Owen, usata nei momenti in cui si apparta, lontano dai Joan Of Arc – torna con il settimo disco. Siamo sempre tentati all'ascolto invogliati dalle copertine e sentito quel suono che, da subito ti fa stare a tuo agio sul tuo divano sfondato: l'altra faccia della medaglia sta nel fatto che tutti, o quasi, i dischi della sua lunga produzione non sembrano andare mai al di là del semplice commento "l'album si ascolta molto volentieri". Gli arpeggi, gli intrecci mai banali, quel minimalismo ostentato, la voce perfetta: colpisce nel segno il suo stile, meno le canzoni, che faticano ad arrivare ad un punto preciso. Pure in Ghost Town tutto si apprezza, ma i singoli brani scivolano via senza che nessuno mai si fissi bene in testa. Allora riascolti tutto dall'inizio e forse sì, sembra che, stavolta, sia arrivato al punto massimo di ispirazione raggiunto dopo New Leaves.

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votolato

Rocky Votolato – Makers (Barsuk, 2005)

Ecco una gatta da pelare. Rocky Votolato (myspace qui) – da Seattle – si può inquadrare in quella folta schiera di gente con un background emo (prima infatti militava nella band emo Waxwing) che, da qualche anno a questa parte, si diletta ad imbracciare una chitarra acustica spiegandoci come l'amore sia l'unica risposta. Pitchfork, a priori come sempre, stronca miseramente queste velleità folk dall'alto dosaggio emozionale che strizzano l'occhio all'easy listening e quindi – come già fece con New Amsterdams (veramente brutto l'ultimo Story Like a Scar a differenza dell'album liberamente scaricabile Killed Or Cured) e Dashboard Confessional (Chris Carabba dei Dashboard tra l'altro è pure un amico di Rocky)- non ha risparmiato neppure Votolato.

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