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Luca Collepiccolo: da Blast a Blow Up magazine, il Lester Bangs capitolino?

Non ho mai amato l'idea di critica musicale e nonostante lo menzioni nel titolo, Lester Bangs mi mette tristezza, la pseudo sociologia di Simon Reynolds mi annoia ancora di più, per non parlare dei suoi epigoni dell'ultima ora che passano da ascoltare i Bluvertigo (… e in questo non ci sarebbe nulla di male), a "trovarsi" esperti di musica indipendente o addirittura di avanguardia dopo cinque minuti, ma in fin dei conti questa è la patria dei "tuttologi", il paese in cui tutti siamo più furbi e genericamente "più meglio" degli altri. Nonostante questo, capisco l'utilità delle riviste, della critica (di quella un po' meno) ed nonostante uno poi diventi un rompi coglioni come il sottoscritto, nessuno è "nato imparato" e quindi è normale che i più giovani e i "non addetti al settore" cerchino qualcuno che li accompagni e li orienti. C'è stato un tempo in cui da sbarbatello sono stato un avido lettore di riviste e c'è stata qualche "penna" che mi ha influenzato nel comprare dischi e nello sperimentare gruppi nuovi, Luca Collepiccolo è una di queste.

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Fops – Yeth, Yeth, Yeth (Monotreme, 2010)

Nella sezione dischi non recensiti per tempo, e che fanno di tutto per non farsi notare, una menzione va fatta ai Fops, band con sede a S. Francisco, nata dalla fusione di band culto dell'area (Ral Partha Vogelbacher e sopratutto Thee More Shallows, trio in attività sin dal 2001 con Monotreme e Anticon). Dalle session del duo Dee Kesler – Chadwick Donald Bidwell, sono venuti fuori ben due album: il primo è quello che recensiamo ora, il secondo è uscito da pochissimo, dal titolo Priest In Them Caves. Colpisce subito l'electro pop plasticoso quanto kraut (ecco qui la gonfia nenia Neu! Ghost Town Hall, non molto convincente a dirla tutta).

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Jennifer Gentle – Concentric (A Silent Place, 2010)

Ritorna uno dei gruppi italiani che è riuscito ad imporsi all'attenzione dell'etichetta che divenne famosa per il grunge, la Sub Pop. A scanso di equivoci, per chi di voi conoscesse quel gruppo fortemente psichedelico fra beat, Pink Floyd (di cui sono fortemente debitori per quel che concerne il nome), psichedelia e suono vintage assortito, beh sappiate che pur non avendo stravolto la loro identità hanno stravolto di parecchio la propria fisionomia. Nei Settanta ci siamo rimasi, certo, ma in questo nuovo lavoro, più che di psichedelia parlerei di lisergia kraut a pieno regime.

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Drink To Me: ovvero, piccolo manuale della sobrietà

Arrivati da poco al secondo disco, Brazil, recensito qualche tempo fa qui sulle pagine virtuali di Sodapop, i piemontesi Drink To Me provano a ripercorrere le tappe del percorso che li ha portati dallo stamparsi i CDr in casa a fare un disco per Unhip, affermata realtà di quella che una volta veniva chiamata "musica alternativa" e oggi (o era ieri?) indie rock.

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