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Little Black Dress – Dunes EP (Idol, 2013)

Gli EP sono creature strane. Benedetti se si deve parlare di qualcosa che è mediocre, terribilmente dolorosi se si tratta di qualcosa che piace tanto ad orecchie e corteccia uditiva. Ed è abbastanza scontato, vista la premessa appena letta, che siamo in presenza di quattro tracce che rientrano decisamente nella seconda categoria. Due veterani (Toby Pipes e Nolan Thies) si staccano dalle loro rispettive strade (Deep Blue Something, Five Times August, sopra ad altri projects) giusto per dar vita ad un piccolo gioiellino al sapor indie 90s – Lowered Lids -, ottima colonna sonora per sit-com da kidult che girano su MTv, o per girare in macchina all’imbrunire di una calda giornata estiva – In Melancholy -(autobiografico & romantico).

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Ka Mate Ka Ora – Violence (White Birch, 2012)

Terzo lavoro per i Pistoiesi Ka Mate Ka Ora, già trattati su questo sito con le due prove precedenti. Con Violence i fratelli Venturini ci riportano a quei suoni da fotografia sbiadita e atmosfere languide e malinconiche, che a più di una persona portavano alla mente band del sottobosco come Gregor Samsa o Timonium. Per non parlare di gruppi culto come i Codeine, coverizzati dagli stessi KMKO nell’album tributo uscito per la label di casa White Birch, anch’essa, dal nome, un chiaro omaggio all’album della band ispiratrice di tutto il movimento slocore.

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Starcontrol – The Ages Of Dreams (Autoprodotto, 2012)

Secondo EP per il trio della provincia nord milanese, cinque tracce che appoggiano su suoni che pescano direttamente negli anni ’80: batteria dai suoni elettropop – Persian Carpet, Forever Unknown -, chitarra che mai diventa acida anche se effettatissima e sembra quasi che si rifaccia a qualche bella idea di John Squire (ai tempi di I Wanna Be Adored) o ai pezzi più scuri dei My Bloody ValentineQuestion Mark – per non parlare dei New Order. A un anno dall’uscita del loro primo album, gli Starcontrol si domandano se è lecito ridurre il sogno a una sola età e si/ci rispondono con canzoni che, rispetto alla vena decisamente pù dark sentita nei pezzi di precedente produzione, in pochi attimi prendono il volo sfiorando quasi la psichedelia.

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Shelly Johnson Broke My Heart – Brighter (Stop!, 2011)

Caspita. La malinconia tutta all'improvviso. L'estate sta finendo dal punto di vista solare ed è finita per tutto il resto. Fine dei bagni, fine degli spalmamenti in spiaggia per avere un colorito sano almeno due mesi all'anno, del cazzeggio tra aperitivi e dormite clamorose, di shorts & ciabatte. Poi uno si sente Brighter con le sue, poche purtroppo, tracce tirate q.b. – come nelle ricette della nonna – costruite su doppie voci e giri semplici e frizzantini e sta già meglio. Gli autori di cotanta grazia sono una band di Rimini che risponde al nome di Shelly Johnson Broke My Heart e che in passato e non solo ha sicuramente apprezzato band uscite dallo strabordante calderone del brit indie stile Ash e My Vitriol.

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