Plakkaggio HC – Ritorno Alla Pangea

Giunto al terzo lavoro (Approdo), dopo Il Nemico (2007) e Fronte Del Sacco (2009), questo terzetto di Colleferro sembra essere riuscito a coniugare finalmente lo spirito OI! con la N.W.O.B.H.M. e un certa dose di sana auto/ironia che male non fa. Far due chiacchiere con loro è un po’ come mettersi a discutere con un avventore del pub dopo una certa ora: ti senti subito a tuo agio ed entri in sintonia anche se non lo hai mai incontrato prima. Ben lontano da intellettualismi e ridondanze per soli iniziati, il Plakkaggio HC va a ruota libera in un carambola tra rugby, ventismo e Gabriele D’Annunzio.

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Montauk – S/T (Autoprodotto, 2013)

Con un nome che richiama l’oltreoceano (vi basterà cercarlo su google per scoprire come ho fatto io le tante cose a cui corrisponde), i Montauk vengono da Bologna e dichiarano subito la musica che fanno, senza nemmeno lasciarci il tempo di indovinarlo: postcore, slowcore, indierock, punk e cantautore. Così si presentano sulla rete nei vari siti dove mettono la loro musica autoprodotta, che non è niente male.

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Gli Altri – Fondamenta, Strutture, Argini (Taxi Driver, 2013)

Crossover nel senso più nobile della parola sempre se oggi ha ancora una ragione utilizzarla. Il quintetto savonese ricorda i Massimo Volume che improvvisamente perdono la brocca e iniziano a fare hardcore. Una considerazione che inevitabilmente fa riflettere su quanto sia stata importante ed influente la band di Emidio Clementi prima che il medesimo prendesse coscienza delle sue fini qualità letterarie. Gli Altri invece, non mollano mai la presa, ostentando una tensione chitarristica drammaticamente emotiva.

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Bemydelay – Hazy Lights (Boring Machines, 2013)

Dopo le atmosfere eteree e la chitarra in loop di To The Other Side, torna Marcella Riccardi (già in Franklin Delano, Blake/e/e/e e Massimo Volume) con il solo project Bemydelay. I titoli dei due lavori sono già dei preziosi indizi sul contenuto: mentre con il precedente, come accennato, ci si abbandonava a melodie ipnotiche e stratificate in cui la stessa voce veniva posta sullo stesso livello di qualsiasi altro strumento eclettico suonato nelle tracce, in Hazy Lights l’approccio è diverso, i vari accordi effettati, i delay vengono archiviati lasciando spazio ad un suono minimale e scarno, fatto spesso di due – tre laconici accordi.

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