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Secret Colours – Peach (Autoprodotto, 2014)

I Secret Colours sono il seme imbastardito della psichedelia primo periodo e del Britpop. Questa è la prima frase che si legge nel comunicato stampa che li presenta. Effettivamente colgo entrambi i riferimenti in maniera decisamente spiccata. Già da Blackbird, la prima traccia – citazione beatlesiana inconscia? -, Peach si rivela come un lavoro dai suoni devoti alla religione Madchester – Freak, World Through My Window – celebrati con bridge di stampo showgaze mutuati dai Blur di Leisure e Modern Life Is A Rubbish (backvocals e sottolineature di mellotron a secchiate) e Charlatans e voce molto simile (un pò troppo?) a quel Ian Brown dei tempi andati, quando ancora U.N.K.L.E. non era neanche all’orizzonte e non prestava la sua voce che a singoli osannati da NME e Melody Maker.

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The Strange Flowers – The Grace Of Losers (Autoprodotto, 2011)

Dai che non sono fuori tempo massimo per parlare dell’ultimo disco affidatomi nell’ormai anno scorso. Non lo sono neanche gli Strange Flowers che, da Pisa con furore, propongono la loro ultima creazione, The Grace Of Losers, caratterizzato da un pop intriso di suoni molto molto sixities. E’ molto probabile che non manchi fra i quattro Fiori Strani un fan dei primi Yardbirds o Small Faces o Monkees (R.I.P. Davy Jones) o Kinks o una qualunque band iniziante per ‘The’ in bilico tra caschetti e semiacustiche e il freakbeat-garage, dato che non manca davvero nulla a questo album per essere più che apprezzato da chi valuta positivamente il genere – Hemerick G., A Million Words To Say – . Anzi, dirò che non sono neanche tanto velati pure dei riferimenti alla scena MADchester dei primi anni ’90 – Evelyn’s Face o Mary Ann’s Dream Factory sembrano nate per essere suonate da John Squire (a proposito… vero che lo sapete che gli Stone Roses si sono riuniti e tornano in Italia a fine Luglio?).

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Osaka Flu – The Revolution (Autoprodotto, 2011)

Frizzantissimo garage 'n' roll dall'aretino. Tre pezzi stringati ed asciutti come un caffè cortissimo bevuto nel regno unito: non fai in tempo a gustartelo che è già finito. Sodapop sostiene energicamente gli Osaka Flu perché benché giovanissimi, possiedono tutto il buon gusto indispensabile per poter trattar la materia in questione. Mai troppo sguaiato, mai troppo zuccheroso, il quartetto sciorina tre pezzi che non hanno nulla da invidiare agli Hives dell'età d'oro. Padroni di una pronuncia impeccabile e di quella leggerezza dinamica e seducente che ha portato, a suo tempo, i Gluecifier ad un passo dal grande salto.

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