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Seaside Postcards – Hope And Faith (Autoprodotto, 2012)

E di nuovo la formula ‘Meglio tardi che mai’, dettata da impegni e rompimenti irrinunciabili vari, mi porta a parlare di un lavoro uscito già qualche mese fa. Si tratta dell’ep di un gruppo italiano. Il secondo per l’esattezza, prodotto a un anno di distanza dall’esordio di questi quattro pesaresi che dicono di averne passate di ogni prima di approdare alla definitiva line up che ha dato loro la Speranza e la Fede – nome del neonato ep – di produrre qualcosa di valido. La Carità – almeno a livello di concezione oggi diffusa – decisamente non serve, visto che i cinque pezzi qui presenti centrano ottimamente il target.

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Paolo Cantù: soltanto io, da solo.

Paolo Cantù si è fatto le ossa in seminali gruppi dell’industrial italiano all’inizio degli anni ’80, ha suonato la chitarra nella primissima formazione degli Afterhours, è stato parte di un gruppo fondamentale per la musica sperimentale come A Short Apnea, ha militato in Six Minute War Madness, Uncode Duello, EAReNOW e in un’infinità di altri progetti, di cui ci siamo spesso occupati. Chiusi tutti i precedenti capitoli, quest’anno la sua storia è ripartita con un nuovo nome, Makhno, e un album, registrato in quasi completa solitudine, che è da annoverare fra le cose migliori uscite nel 2012: Silo Thinking è un’opera intensa e complessa, diretta ma non facile da circoscrivere in tutte le sue molteplici diramazioni. Abbiamo voluto saperne di più e, già che c’eravamo, ne abbiamo approfittato per ripercorrere le tappe della sua carriera.

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Delay House – 3 (Stop, 2012)

I Delay House da Rimini propongono col terzo disco la loro interpretazione di suoni in salsa wave tenebrosa con chitarre non amplificate che se va bene ricordano vagamente certi giri dei disciolti Edwood (Ora, Ancora) se va male un’elettronica pop che, se manifesta una certa voglia di sperimentare (rifiuto struttura canzone e dei refrain, strumenti privi di amplificazione, testi in italiano ma fatti da solo una o due parole), non riesce a produrre che un suono piatto (complice anche una ripetitiva drum machine) e acerbo.

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Nostalgie Éternelle – Notre Début (Final Muzik, 2011)

Ammetto di non amare molto le ristampe: il più delle volte, almeno nel caso di gruppi poco noti, si spacciano per perle ingiustamente dimenticate dischi inutili che non meritano altro che l’oblio; nella maggior parte dei casi il tempo ne ha già fatto giustizia e riesumarli è un crimine contro natura. Eccezione che conferma la regola, i titoli usciti finora per su Final Muzik nella serie Eighties, pur non cambiando il corso della storia, ci presentano delle ottime band che riascoltare (o ascoltare per la prima volta, immagino nella maggior parte dei casi), fa certamente piacere.

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