Bowerbirds

The Bowerbirds – Hymns For A Dark Horse (Dead Oceans, 2008)

Che, da qualche parte, la quadratura del cerchio dovesse arrivare, era ovvio. Pacifico era che, per qualche folkster impazzito che si trasferisce prima a Parigi poi a Budapest (A Hawk And A Hacksaw) per impadronirsi delle tradizioni locali, o per qualche giovane virgulto blandamente interessato alle dinamiche mediterranee (Beirut) colte nella loro pura essenza melodica, ci sarebbe stata una rilettura del proprio canzoniere folk: proprio inteso come puramente Americano, scritto in quelle capanne di legno, a balloon frame, tra Appalachi e Blue Ridge Mountains, tra Mount Shasta e Mount Eerie.

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sborhart

Rock And The City – Freak è Davvero Così Chic?

Del baccano gonfiato a steroidi di carta e inchiostro chiamato new (weird) folk si comincia, complice lo scorrere impietoso delle lancette, a tirare le fila e vederne esibita la corda. Per un Devendra Banhart che gioca al raffinato vagabondo su Vogue e disegna custodie di chitarra per Dior (chissà che ne pensano i fantasmi di Bolan e Drake…) e le cinguettanti Coco Rosie attese alle forche caudine del terzo album, quanto compreso nel mezzo mostra finalmente la sua vera identità. Ovverosia quella di un indirizzo stilistico che, nelle sue propaggini più sperimentali (e in larga parte indigeribili), ha come premessa la fuga dall'asfissiante metropoli e una conseguente ricerca di (ri)unione con la natura selvaggia.

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