Scott McCloud: dai Girls Against Boys ai Paramount Styles, alive and kicking!

Forse non è necessario fare introduzioni, ma visto che nel mondo che è venuto dopo l’esplosione della rete il tempo oltre che scorrere "lungo i bordi" corre molto più veloce e la memoria storica è da sempre quella che è (come forse è giusto che sia), forse è meglio dire prima di tutto un paio di cose. Al di là dei disquisizioni se sia peggio vivere in un eterno presente o essere schiavi di una memoria ipertrofica, Scott McCloud ha suonato in alcuni dei miei gruppi preferiti e ha realizzato alcuni dischi che tutt’ora restano il simulacro dei sogni bagnati di parecchi musicisti della generazione post-hardcore e noise fra tardi anni Ottanta e primi Novanta. Non pago di aver suonato in almeno due gruppi di culto come Soulside e Girls Against Boys (come se i New Wet Kojak fossero da meno…), questo neo papà è al secondo giro di boa con il suo nuovo progetto, i Paramount Styles. Seppur sia passato parecchio in sordina rispetto al potenziale di molti dei pezzi scritti da Scott, i Paramount hanno reso felici molti orfani di quel cantautorato rock "diverso" che in altre epoche aveva reso celebri gruppi come i dEUS (con cui non a caso il nostro eroe aveva collaborato). Purtroppo lo spazio di un’intervista è troppo breve per potersi sbizzarrire a fare domande su ogni singolo progetto, ma McCloud ha anche collaborato a progetti diversi come il gruppo electro-punk Operator, in cui il nostro lavorava in copia con niente poco di meno che Teho Teardo e ha prestato la voce anche al lavoro d’esordio degli String Of Consciousness di Philippe Petit.

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Micecars – I’m The Creature (Homesleep, 2006)

Gli elogi si sprecano per questa band romana, asso nella manica per Homesleep. Ne parlano un po' tutti, anche la press sheet dai toni eccessivamente enfatici (bomba, capolavoro, creatura geniale e via discorrendo…) può generare qualche fastidio, anche se poi questo fa parte, giustamente o meno, del gioco. Così decidiamo di liberarci di tutto quello che ruota intorno al fenomeno Micecars e cerchiamo di dare, se non un giudizio ponderato, un' impressione il più possibile legata a quello che sa dire o trasmettere un disco come I'm The Creature. Sto usando il plurale majestatis per dare un'impronta vagamente astratta e corale, così da non dare troppa importanza a chi vi scrive.

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Plunkett – 14 Days (Autoprodotto, 2006)

Lascia perdere le tue “10 ragazze per me”. Piuttosto, 14 giorni ti posson bastare? Ne mancano proprio 14 alla fine di questo 2006, eppure ascoltando i Plunkett sembra d’essere nel 1970 perché loro ti ricorderanno Jethro Tull, e non intendo certo l’agronomo inglese del XVIII. Anche se lui, Ian, il componente maschile di questa band a due, inglese lo è. Poi non lo so se fa anche l’agronomo, ma certo è un uomo fortunato (uau! come sono melensa sotto natale), perché ha trovato un’anima gemella che con lui compone, scrive, suona, canta, produce e fa l'editing.

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