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Bobby Soul & Blind Bonobos – Live At Meg Mell (Riserva Sonora, 2013)

Ancora lui. Sempre lui. Maledettamente gigione, maledettamente educato, simpatico e dotato. Bobby Soul in una perpetua trasformazione di umori, non si sposta di una virgola dal groove che lo ha sempre contraddistinto. Verrebbe da definirlo il “Mario Biondi dei ricchi” se non fosse per le infinite incarnazioni di cui siamo stati testimoni durante questi anni. Questo live in Alessandria, estemporaneo ed acustico, lo vede interpretare alcuni classiconi che spaziano tra Tom Waits, Depeche Mode e lo stesso Marvin Gaye con una disinvoltura impressionante.

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Starcontrol – The Ages Of Dreams (Autoprodotto, 2012)

Secondo EP per il trio della provincia nord milanese, cinque tracce che appoggiano su suoni che pescano direttamente negli anni ’80: batteria dai suoni elettropop – Persian Carpet, Forever Unknown -, chitarra che mai diventa acida anche se effettatissima e sembra quasi che si rifaccia a qualche bella idea di John Squire (ai tempi di I Wanna Be Adored) o ai pezzi più scuri dei My Bloody ValentineQuestion Mark – per non parlare dei New Order. A un anno dall’uscita del loro primo album, gli Starcontrol si domandano se è lecito ridurre il sogno a una sola età e si/ci rispondono con canzoni che, rispetto alla vena decisamente pù dark sentita nei pezzi di precedente produzione, in pochi attimi prendono il volo sfiorando quasi la psichedelia.

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Echran – In Offret (A Silent Place/MGF, 2010)

Quasi non ci speravo più in questo disco, la data del mastering di Ielasi reca 2007, quindi direi che si tratta di un parto lungo e sofferto, nonostante ciò mi sento di dire che il disco è invecchiato molto bene. Gli Echran erano già stati autori di un pregevole debutto su Small Voices in collaborazione con la defunta Ebria e per il sottoscritto si era trattato di un ottimo esordio con tutte le prerogative per svilupparsi al meglio, quindi mi domandavo se avrebbero bissato l'ottimo risultato. I suoni e le idee pur essendo simili a quelli del lavoro d'esordio sono (o forse farei meglio a dire "erano") messi a fuoco e le idee più chiare, anche se non si tratta di una riedizione riveduta e corretta del primo lavoro.

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Vincenzo Ramaglia – Formaldeide (Autoprodotto, 2007)

A volte mi stupisco del potere del caos mediatico, della scarsa attenzione che viene prestata a certi generi e della mia ignoranza (che quel tizio diceva che "rende forti"), così accade anche che a Sodapop vengano anche inviati materiali come quello di Vincenzo Ramaglia e non lo dico facendo della facile ironia, anzi, il problema è quello opposto, ovvero che il nostro grande capo è tutt'ora oberato di "rock targato Italia", più che di lavori del genere. Ramaglia, per la cronaca è uno che esce dal Santa Cecilia di Roma, lo stesso da cui è uscito quel tizio che si chiama Morricone e tutto sommato si sente, tant'è che state pur certi che si tiene ben lontano plasticoni da quei pianoforti digitali stile Vangelis di quart'ordine (l'originale ha fatto anche dei gran bei dischi) o dalle registrazioni immonde che rovinavano Trovajoli, Piccioni e simili durante gli anni Ottanta.

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