Stefano Giaccone – L’affondamento di Torino (Rubber Soul, 2024)

Torino in sei lettere ed otto brani. Stefano Giaccone lo conosco da una vita e la sua ottica di cantautorato voce e chitarra è una delle cose che più hanno la possibilità di spezzarmi il cuore.
Torino l’ho conosciuta da grande ed è un ritorno che mi riempie sempre il cuore. Questo disco è un momento raccolto, un viaggio che unisce la caduta della neve allo sferragliare del traffico, la delicatezza, l’ombra e la memoria.
La memoria, come lavorare ad un disco su Torino in solitudine in Sardegna ricostruendo una cartina, una popolazione, una temperatura ed una luce. Farlo prima che tutto svanisca sotto la neve del 1986 cantando lirico come non mai, recitando e raccontando sopra alle chitarre che sferragliano.
L’affondamento di Torino è un album grigio, drammatico e tratti: Un crollo da manuale strazia e trasmette il sentore delle vittime, L’affondamento di Torino è un album crudo, diretto come poche cose incise da Stefano, pur con un corollario musicale e testuale. Vivido, come un ricordo stampato nella mente e trasferito sulla lacca di un vinile. In Pandini sembra di sentire le bobine di un flashback, barbe post-rock e l’inverno del ’33, brano allegorico che tutto ritaglia e mette in sequenza come un tazebao sagomato, Pandini, Pandini, Pandini.
Il blues rock di Sartine d’Oltrepo’ ci porta altrove facendoci perdere cognizioni di spazio e di tempo, in un’atmosfera non dissimile dalle avventure griffiane delle ferrovie messicane, raccoglitori enormi nei quali vicende e notizie si uniscono l’un l’altra portando la storia oltre la cognizione, fra complotti e ribaltoni. L’ellepì “al volo” sembra una protezione ad una popolazione monca, zoppa, insana, toccante. In Fino all’ultimo minuto la voce di Giaccone si fa più profonda e sembra di tornare ad un certa idea italiana di suono anni ’60 che suona nuova, straniante e sexy.
È l’ultimo brano e piove, A tavola è pronta la tua cena, una tromba suona.

A Torino è inverno ogni settimana.