La musica è forse uno dei veicoli più potenti che investe i nostri sensi. Ad essa sono incollati ricordi, sensazioni, emozioni. Con quella cresciamo, ne detestiamo qualcuno, ci ribelliamo con parte di essa. La sperimentiamo.
Ricordarsi attraverso la musica oppure scrivere semplicemente di questa non è un sofismo, bensì un esercizio emozionale ed emozionante.
Conosco Stefano Ghittoni da tempo, prima come autore e musicista poi come persone, avendo avuto la fortuna di collaborare con lui ad un progetto svolto nel Centro Diurno che dirigevo a Massagno, un paesino presso Lugano, nella Svizzera italiana. Un progetto chiamato Ritratto Sonoro, che ha coinvolto gli anziani che frequentavano la struttura, spinti a raccontarsi ed a collegare i loro ricordi insieme alla musica. Ne uscirono cose stupende, l’onnipresenza della radio, il ballo, l’emigrazione, lo sbarco sulla luna.
Mondi attraverso i quali si poteva viaggiare tramite le note musicali e le parti di film e documentari.
Leggere le pagine di questo libro mi tocca particolarmente perché immagino quanta dedizione Stefano ci abbia messo e quanto toccante siano le pagine con le quali ognuno dei personaggi si racconta.
I personaggi sono nomi noti della scena musicale italiana anche distantissimi fra di loro, persone che hanno dedicato e dedicano gran parte della loro vita alla musica. La cosa bizzarra è leggere la scrittura dei musicisti. Avendone intervistato qualcuno mi accorgo di come la loro penna sia come la loro ugola, di come mi immagini le loro voci raccontarmi i loro ricordi e di come tutto questo abbia una musicalità che riconosco nei loro dischi.
Il libro nasce da una conversazione sospesa con Maurizio Marsico, che serve in qualche modo da molla per iniziare a tessere una rete di testimonianze. Come hai scelto chi coinvolgere? Hai avuto qualche rifiuto oppure tutti si sono sentiti a loro agio nel raccontarsi sulle pagine?
Quella con Maurizio non fu proprio una conversazione sospesa ma un contributo che scrisse per Milano OFF e che non fu pubblicato per varie dinamiche e problematiche. È rimasto un pò fermo prima di diventare la molla di questa lavoro, ma poi il suo dovere l’ha fatto.
Ho scelto di coinvolgere soprattutto persone che conoscevo, in modo più o meno approfondito, e che soprattutto pensavo potessero scrivere dei contributi interessanti. A tutti è stato mandata la mia introduzione e la mia conclusione come già feci per Milano OFF. Tra l’introduzione e la conclusione ai partecipanti rimaneva la libertà di muoversi in assoluta libertà sia a livello formale che di contenuti. Nel caso di Musica Concreta la mia conclusione è uno scritto vero e proprio come quello degli altri partecipanti. Quindi è come se introduzione avesse dato uno spunto anche a me.
Ho cercato di non coinvolgere persone che scrivessero specificatamente di musica anche se alcuni sforamenti ci sono stati e colgo l’occasione per spiegarli. Antonio Bacciocchi e Sergio Messina per me sono in quota musicisti, mentre a Mauro Fenoglio, Luca Frazzi e Fabio De Luca ho chiesto di potere usare cose che avevano già scritto per la rete, che mi erano piaciute e a cui volevo dare la solennità del cartaceo. Fabio ha leggermente modificato il suo scritto ma il concetto di partenza rimane.
Mi sarebbe piaciuto avere il numero dei partecipanti diviso equamente tra maschi e femmine, ci ho provato impegnandomi anche molto ma non ci sono riuscito. Non tutte le persone a cui ho chiesto di partecipare hanno poi effettivamente partecipato per vari motivi, non tanto per il disagio di raccontarsi quanto per il tempo che spesso manca, a volte anche la concentrazione necessaria, oltre ovviamente magari a non avere trovato un argomento che faccia partire la scintilla del racconto. Avrebbe dovuto partecipare anche Teo Segale, a cui il libro è dedicato, con uno scritto sul Metal. Andava solo un pò editato, mi aveva detto la scorsa primavera…
Scegli Pierre Schaeffer per contestualizzare la musica concreta, andando a finire in molte esperienze personali che diventano in qualche modo comuni. Ognuna di esse però mi sembra riportare in maniera molto forte i tratti che poi spesso esprimono attraverso la musica (soprattutto gli scritti di Alessandra Novaga e di Bruno Dorella). Credi che ci sia un tratto comune fra persona, personalità ed espressione oppure qualcuna delle testimonianze ti ha sorpreso, svelandoti lati inaspettati delle figure coinvolte?
C’è ovviamente un tratto comune fra persona, personalità ed espressione però, come ho detto prima, lasciando ai partecipanti assoluta libertà nei movimenti, sia a livello formale che di contenuti, in alcuni casi sono stato sorpreso.
Mi ha molto colpito l’idea che ha avuto Paquita Gordon di intervistare il padre, che quando lei era bambina faceva il discografico e l’editore. E anche Luca Collepiccolo mi ha sorpreso. Io mi aspettavo uno scritto sul jazz spirituale, per esempio, e lui ha raccontato lo Uonna Club, “…negli anni ottanta è stato uno dei luoghi culto dell’underground romano, avamposto necessario e nevralgico centro di raccolta per ogni goth, punk o metal kid d’ordinanza…”, per usare le sue parole. In generale mi ha fatto comunque molto piacere l’approccio di tutti, pur nelle differenze stilistiche, e la disponibilità che hanno avuto nei miei confronti. Che ho apprezzato molto.
Come dice Stefano Pifferi, Musica Concreta è “un pot-pourri apparentemente slegato e confuso, una ammucchiata di ricordi, riflessioni, flash personali che però ha il grosso pregio, ben preciso e ideologico, di risultare un affresco coeso e sensato nato dalla ricompattazione di questi frammenti”.
La musica assume nel tuo libro molte forme. Musica come relazione (C.Castello), come commozione (B.Dorella), come professione (A.Baciocchi). come occasione (D.L.Calò), come partenza e reazione (L. Barcellona), come politica (V.V.Rossa), come messa in pratica (M.Clemente). Credo non esista un vissuto più personale di quello che una persona ha con la musica, che però è anche fautrice di collettività. Qual è la musica di Stefano Ghittoni?
Questa è un pò la domanda delle 100 pistole, la mia musica è un pò il riassunto di tutte le cose che hai citato nella domanda. Forse se vogliamo trovare una parola sola potrebbe essere l’utopia. E molto spesso hanno avuto importanza per me nelle dinamiche musicali, sia di ascolto che produttive, anche l’intuizione e l’errore, o la casualità. In ogni caso è stato l’amore più grande della mia vita, catartica e invincibile.
In questo libro non ci interroga ma si rende una sorta di tributo alla musica, ognuno con la propria storia e la propria persona. Negli anni la saggistica a tema musicale o quella che utilizza la musica come lente per raccontare la società si è ampliata a dismisura, in un parterre di saggi critici e pensieri da bacio perugina. Ci sono stati dei testi che ti hanno smosso a pensare di poter veicolare la musica in forma scritta e stampata? Quali e perché?
Non ci sono stati testi particolari che mi hanno fatto venire voglia di scrivere questo libro anche se l’dea che c’era dietro ad Almanacco Musica, rivista semestrale che uscì in 2 numeri nel 1979 editi da Il Formichiere, è stata un pò l’ispirazione. O meglio mentre stava crescendo il progetto del libro mi veniva sempre più spontaneo di accomunarlo a quella rivista, a quel periodo che per me è stato di grande libertà di forma e contenuti. Detto questo, così citando i primi titoli che mi vengono in mente, ne approfitto per dire che Superonda Storia segreta della musica italiana di Valerio Mattioli e Post Punk di Simon Reynolds sono dei libri molto interessanti che mi sento di consigliare.
Il tuo libro potrebbe benissimo essere una porta d’entrata per il mondo sonoro di molti dei tuoi ospiti. Ti ho sentito citare Almanacco Musica e Musica ’80 come fonti ispiratrici di questo volume, riviste con le quali immagino tu fossi venuto a contatto in giovane età. Quanto conta l’essere intrigati, smossi, tentati da un mondo che magari non comprendiamo e non conosciamo?
Beh, forse la riposta è un pò banale ma essere proiettati verso le cose che con conosciamo penso sia una attitudine molto importante, nelle dinamiche artistiche ma anche nella vita quotidiana.
Sentendo la trasmissione di Radio Popolare in conversazione di Matteo Villaci di musica che ci aiuta, che ci da un supporto e che non ci tradisce mai. Stefano Ghittoni ha delle musiche concrete per le situazioni? Quando hai bisogno di essere rincuorato, consolato, sfogato cosa ascolti?
Ascolto musica ambient e tra i dischi che ascolto di più ci sono Cascade di William Basinski e Natura Morta di Walter Marchetti.
Walter Marchetti – Natura Morta
Grazie!
A te.