Spectre – Slow Emotional Death (Venti3, 2024)

Teppa, oscurità e rumore da Como. Gli Spectre scelgono il nero per dipingere un punk rock che si sporca di violenza e rombi sordi di malignità. Sembra quasi di intravedere il ghigno del villain, l’eco sordido degli sbirri dei Crime e le pozze batteriche della periferia. Le chitarre urlano straziate su giri sibillini prima di montare in un impeto drammatico. Dead on One’s Feet verosimilmente non si muoverà molto ma la sua massa è potenzialmente lesiva. Slave attacca frontale, canto dritto e rimbombante, chiasso (not the city) come se fossero in una cisterna, sporcizia come carattere e curriculum vitae. Find Me è Satisfaction di Benny Benassi come se invece degli scenari ibizenchi ci fosse il garage di the Human Centipede II, vittoria assicurata dove i ganci melodici strappano la carne e portano infezioni serpeggianti. In questo caso il vinile one-side è nero come il carbone e ben si sposa ad un’aria corrotta e disperata. 1334 è brano ondeggiante come se il mare fosse pece, non so a che si riferisca il titolo, toccherà studiare ed approfondire di più, che i lati oscuri sono molti ed affascinanti e qui a tratti sembra di sentire i Man or Astroman rinchiusi nel corridoio di Haze. Sono però i piccoli tocchi a fare quel brio maligno e perfido che è la cifra caratteristica degli Spectre, che ci abbandonano con una Insects filtrata da malessere ed errati percorsi mentali, proprio come in quel misconosciuto capolavoro che fu Bug di William Friedkin. Che dire? Se con i the Twerks Venti3 ci ha aperto il cuore qui ci fa guardare dietro le spalle, raccontandoci il mondo allo sbando.