C’è una storia interessante dietro a questa collaborazione fra il giapponese Sorta Opalka (al secolo Yama Yuki) e il nostro Nicola Boari. Nel 2022 Yama, in visita a Bologna, aveva espresso il desiderio di suonare presso l’Ikigai Room, associazione culturale nata con l’intento di promuovere i legami fra la cultura estremo-orientale e l’Italia. Purtroppo, a quella data, l’associazione non era più attiva, ma il contatto creatosi con Boari si è rafforzato col tempo, anche al di là della musica, attraverso la frequentazione di concerti, discussioni e cene in famiglia. Poi, nell’estate dello scorso anno, poco prima del ritorno di Yama in Giappone, ecco l’occasione di suonare insieme, in un ex garage sotterraneo (da qui il titolo): il risultato è quello che sentite in questa cassetta, dopo l’editing curato dallo stesso Sorta Opalka.
Mezz’ora di improvvisazione mai troppo rumorosa suddivisa in otto tracce senza titolo, nelle quali ascoltiamo sintetizzatori, nastri, un sassofono (che nessuno dei due sa suonare) e giocattoli sonori: sarebbe stato bello essere lì per vedere che oggetto produceva che suono (alcuni sono decisamente curiosi), ma d’altra parte, la possibilità di avere questa musica su nastro, ci permette, attraverso i ripetuti ascolti, di cogliere diverse suggestioni.
E proprio “suggestioni” è la parola chiave del lavoro; non solo a quelle che colpiscono l’ascoltatore, ma soprattutto quelle che si creano fra i due musicisti, facendo da motore alle composizioni istantanee e dando vita a momenti ludici (gli spipoli quasi da videogiochi della traccia 1), atmosfere sognanti (le cantilene dal sapore liturgico su una base rumoreggiante della 3) e gioiose uscite rumoriste (le tacce 2 e 7: più sofferto il mood della, più spensierato quello della seconda). Notevoli poi l’ultimo brano, con una toccante melodia pianistica che emerge a fatica su un flusso di frequenze stridenti per poi lasciare il finale a una lieve distesa di synth e Untitled 4, la traccia col famigerato sassofono, dove lo strumento suona prima incerto, quasi spettrale, su uno sciabordio di fondo, poi prende confidenza e sul finale si concede a brevi fraseggi e note più allungate. Ma, a un ascolto attento, saprete ritrovare, in ogni traccia del lavoro, questo genuino spirito di ricerca e sperimentazione: due termini che, ve lo garantisco, non sono usati a caso.