So Beast – Kyra (Trovarobato, 2024 RISTAMPA)

I So Beast, Katarina Poplepovic e Michele Quadri, sono stati una scoperta recente che debbo al buon Giulio Stermieri, essendo stati citati da lui come uno dei live più belli organizzati come house concert. Al tempo, una decina di mesi fa ormai, li avevo sentiti nel pezzo condiviso con i Lampredonto, Ultimate Weightlifting. Così, quando dagli uffici di Amsterdam Erik Ed Benndorf di Dense PR mi ha mandato la sua solita caterva di promo ed ho visto il loro nome mi ci sono gettato. Kyra, il loro esordio, è appena stato recuperato da Trovarobato (auguri per i 20 anni!) in versione digitale ed è una bellissima scoperta datata 2016 (al quale è sato dato seguito con Fit Unformal e Brilla, rispettivamente nel 2019 e nel 2023), che ci trasporta in un mondo personale ed onirico.
Difficilissimo incasellarli, forti di virtù soul ed hip hop che però si esprimono come flusso psichedelico, fino a centrare brani che sono veri e propri viaggi cosmici come Kira, cavalcata da 10 minuti scarsi strumentale nella quale si può forse provare a trovare l’alba dentro all’imbrunire.
Poi pianoforti, cigolii e fughe in aria di campagna oscura, descrivendo mondi nei quali improvvisamente le voci di Katrina e Michele portano un suono urbano, fra soul e blues nella partita, fino a farsi strappo e lacerazione in un crescendo d’intensità.
L’incedere di Kyra è quello di un groove potente e piuttosto grasso, inframezzato da stralci vocali per un disco che non opera in canzoni ma in momenti, picchi orecchiabili immersi in una palude scura dai quali riemerge soprattutto la voce di Katarina. Non tutto è perfetto, con un’Imagine fuori fuoco ed esageratamente sfacciata ma la stoffa già si intravedeva, con ruggiti rock che ricordano a tratti performer intriganti, fra Christina Martinez ad Elena Skoko. Un brano come The Room è francamente irresistibile, prendendo la parte più catacombale di New Orleans fino a cercare la fuga in un vicolo e rimanendo incantati dalla lingua croata utilizzata nell’attimo di pausa prima del rocambolesco finale. La sensazione all’ascolto è quella di una cortina melanconica a tratti, nebbiosa, che porta ai So Beast un fascino che di certo trae forza dalla commistione culturale dei due elementi in causa e dal mistero scatenato dal loro incontro.
Le parti dove i loro brani respirano sembrano set abbandonati dopo la fine delle riprese, nei quali succede ancora qualcosa ma nessuno ha la costanza di guardare. Qui si raggrumano vere e proprie chicche in distese di canzoni avulse dalla propria durata, che possono esplodere improvvisamente. A tratti vengono in mente gli esperimenti più marginali di Terry Edwards (ascoltate Nevera e ditemi se non siamo su quel pianeta), il tutto all’insegna di una massima libertà espressiva, che credo sia stato merito anche di Karmelo Marin, che ha registrato e mixato l’intero lavoro in uno studio recuperato da un rifugio antiatomico a Spalato. A questo aggiungiamo l’amore in cucina di Sex, Love e Cooking Oscillator, che sembra la riedizione sonora del fugace incontro fra Melanie e Louise in Jackie Brown se avessero avuto sette sacrosanti minuti a disposizione. La chiusura è lasciata ad un brano senza titolo, undici minuti nel quale il pianoforte viene lasciato libero di ronzare rilasciando le ultime magie in una nottata che si appresta all’alba. Noi ringraziamo tutti quanti hanno contribuito a questa chicca, promettendo solennemente di non perderci nient’altro di ciò che Katerina e Michele hanno prodotto. Ed ora sotto col recupero degli altri due album!

PS: Ricercando l’invio di quest’album nella mia casella postale ho trovato, per la prima volta, una mail del 16 maggio 2016 nella quale Katarina mi inviava un ascolto di materiale per “…sentire opinioni, critiche e consigli sul materiale che stiamo cercando di pubblicare.
Fottute sliding doors, sarebbe stata una bell’avventura, ne sono certo ma, come disse Militant A: “…Rimpianti tanti forse ma nessun rimorso…”