Smallgang – Trespasses (Damnably, 2011)

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“Una delle band live più interessanti del panorama londinese!”…Non male direi come presentazione. Ma si sa che i comunicati stampa spesso tendono a puntare alto. Troppo? Punti di vista. Certo, l’album di debutto di questi quattro londoneers che vantano i complimenti di VIPs come Geoff Farina dei Karate e Dick Dale (sì. Lui. Mr. Misirlou) è decisamente suonato bene, voce profonda e slacker – basta sentire la title track -, pezzi che ricordano (neanche tanto vagamente) i Radiohead prima che diventassero un’entità indefinibile (leggisi ‘fino a OK Computer‘) – Cockpit, Arrows – e i Pavement Leaves – a dimostrazione, tutto sommato, della sicura eterogeneità dei riferimenti musicali dei fratelli Kobayashi, combo anglo-giapponese fondatore degli Smallgang e, nonostante ci siano tracce per me davvero degne di nota – Made In China, Like A Velvet Glove Cast In Iron -, chissà perchè il loro lavoro non riesce a trasmettermi più di tanto.
Intendiamoci, i ragazzi sono bravi, eppure… forse si sente troppa roba proveniente da troppi album che conosco troppo? Forse il rimarcare che l’album è stato registrato nello stesso studio di Pete And The Pirates e Theoretical Girl (a cui gli Smallgang non mi sembrano musicalmente estranei) e che è stato masterizzato da chi ha avuto per le mani lavori di New Pornographers e Superchank e che ha permeato Trespasses di un suono simile, mi fa venire in mente che il tutto sia un pò studiato e calcolato per farne una next best thing a misura di scena inglese. Magari vederli live, come consiglia la loro etichetta, mi farebbe cambiare idea. Mah. Come osservava recentemente un amico, se un album ha chiari riferimenti ma si fa riascoltare… perchè no? E qui cascano gli Smallgang, perchè, diciamo in conclusione, che non rientrano nella catefgoria ‘gruppi che mi fanno correre a rischiacciare il tasto play’.