La concezione di musica folk è radicalmente cambiata nel tempo. Un chitarrista, Simone Lanari in questo caso, prendendosi una settimana di tempo per mettere su nastro dei percorsi sonori, sarebbe potuto essere diverse cose negli anni. probabilmente bucolico e serafico, oppure ostico e trasversale, impegnato o accomodante. Oggi, complici le esperienze trasversali del nostro (Ask the White,Ant Lion e dTHEd), risulta mediato da un filtro matematico ed informatico, spezzato e ricongiunto grazie a chip e bit. Si percepisce la spontaneità dell’opera e la capacità del musicista a dare personalità e struttura a note libere, orbitanti intorno ad un’idea di musica sempre e comunque oltre gli steccati. Come se gli spettri antichi di Joan of Arc e Don Caballero, trasformatisi in silicio, si fossero ormai infilati nel suo essere e traviassero fortunatamente ogni tentativo di stabilità, condannandolo ad una beata stortezza.
Lasciatevi cullare con questi suoni in sottofondo, vi entreranno sotto pelle, colmandovi di un suadente romanticismo 3.0, fra tramonti post-atomici e ninne nanne di rumore rosa, ronzio di insetti mutogeni. Il finale, No body, pare lanciare un’ombra drammatica sulla storia ma chissà, forse è soltanto il finale tragico di un film al quale abbiamo assistito e ci stringeremo un po’, rammaricati per le sue vicende.