Simon Reynolds – Post-Punk 1978-1984 (ISBN, 2007)

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Intimidisce, al primo impatto, questo volume di Simon Reynolds. Saranno le più di 700 pagine, saranno i 35 euro del prezzo, sarà il look spartano e asettico (peraltro trademark distintivo e – per quanto mi concerne – molto intrigante della ISBN): qualunque cosa sia, inizialmente è difficile rapportarsi a Post-Punk. È un peccato, perché vinta la timidezza (e trovati i 35 euro da investire) le soddisfazioni che ne derivano sono davvero notevoli. Anzi, anche un po' di più. Non è un'enciclopedia tuttologica e nazionalpopolare in Scaruffi-style, non è un dizionario senz'anima, non è una guida per principianti di quelle che andava di moda allegare a Rumore qualche anno fa. Questa è un'opera maestosa in cui il giornalismo musicale a livelli quasi extraterreni si fonde con una capacità di raccontare da romanziere consumato: scordatevi le folcloristiche sgroppate di storia orale alla Please Kill Me, accantonate i deliri poetico-psicotropi di Lester Bangs, non provate neppure a tirare in ballo l'accademia di Greil Marcus. Niente di tutto questo. Post-Punk è, se vogliamo, nella tradizione di John Savage, ma meno legnoso e autoindulgente, più narrativo e senza la smaccata attitudine da "Io ero il cronista del punk  e vi racconto come è andata". Questo libro, infatti, (come dichiara l'autore stesso) è una specie di resa dei conti col passato di uno che – all'epoca dei fatti – era un ragazzino che comprava i dischi e si è trovato a seguire un fenomeno senza esattamente percepirlo come tale. Poi il ragazzino è diventato un bravo giornalista e il gioco è fatto.
Ma bando alle ciance. Cosa ci trovate dentro? Praticamente una summa delle ultime pendici del punk fino a metà anni Ottanta, con aneddoti, discografie, concerti, citazioni, analisi, storie. Il fuoco è molto Albione-centrico, nel senso che gli Stati Uniti non sono sviscerati più di tanto, pur non mancando una pletora di citazioni di artisti d'Oltreoceano. E, non dimentichiamo, che col termine post-punk in questo volume si intende veramente tutto ciò che è scaturito dal punk, non solo le pendici artistoidi poi evolutesi nella wave più commerciale o nei generi più estremi e rumoristici. Qui c'è spazio anche per l'hardcore punk, tanto per dirne una.
Bello e suggestivo. Non c'è che dire.