Stavo leggendo poc’anzi su una webzine concorrente (ebbene si, lo faccio) un’aspra critica al cantato definito “cantilenante” dei Satori Junk. Mi sono stupito dell’appunto, perchè, personalmente la voce è la vera e propria punta di diamante della band meneghina. Certo, da parte mia questa cosa sviluppa una certa operazione nostalgia, ma non comprendo davvero perchè dover essere sempre indulgenti verso growling biascicati e non verso qualcosa di più piacevolmente demodé: i rimandi sono infatti ai più alti White Zombie (La Sexorcisto) e ai mai dimenticati Zen Guerrilla. Viene da pensare addirittura di non trovarsi di fronte al solito doom trito e ritrito quanto a veri e propri cultori del blues nero da grammofono a manovella. I Satori Junk sono certamente affacciati agli anni settanta, ma sono preparati, e non cercano mai di nascondere l’imperizia tecnica con una massiccia dose di aggressività. Al contrario, una certa raffinatezza creativa li eleva e li distacca dal calderone stonato sempre in voga. E poi usano (con misura) il theremin e noi, si sa, abbiamo da sempre un debole per le novità tecnologiche.