Satanismo o barbarie: intervista al Teatro Satanico

Se vi è capitato di ascoltare anche solo uno dei brani più noti del Teatro Satanico, ben difficilmente sarete riusciti a scordarlo: pezzi come Confesso Tutto! o Lirica Antisociale, col loro recitato drammatico su una flusso sonoro che rasenta il rumore, scavano nel profondo, mettendo a nudo istinti e pulsioni che generalmente si è soliti tenere ben celate. Ma il gruppo, fra pause e cambi di formazione, è attivo ormai da vent’anni e quei momenti sono lontani, così come le vicende extramusicali che lo riguardano, ormai avvolte da un alone di leggenda: oggi il Teatro Satanico è un’entità che, affrancatasi dall’ambito post-industriale in cui ha mosso i primi passi, va evolvendosi verso forme d’espressione meno estreme, mantenendo però un atteggiamento attento e fortemente critico nei confronti della realtà. In questo senso, l’approdo a una maggior musicalità associata alla volontà di continuare ad essere una spina nel fianco delle convenzioni e della società, li rende potenzialmente ancora più pericolosi e destabilizzanti. Di questo e altri argomenti abbiamo pensato di scambiare qualche battuta con Devis Granziera, in occasione della pubblicazione dell’LP XX.

SODAPOP: Che cosa rappresenta UN teatro satanico nel 2013? Mi riferisco soprattutto in relazione al tessuto politico/sociale del nostro paese.
TEATRO SATANICO: Da parte nostra non c’è volontà di rappresentare alcunché, nel senso che non ci facciamo voce di nessuna istanza o di nessuna parte sociale del paese. Casomai il Teatro Satanico parla delle ombre, di quello che non c’è stato, delle omissioni, delle istanze abbandonate e dei desideri mai conseguiti, cosa che può essere intesa come una svolta intimista. Può essere. Del resto è nell’intimo, sotto la maschera morale delle relazioni interpersonali, nel segreto che sta sotto la superficie, che si elaborano i pensieri, i sogni, le ossessioni, le convinzioni, le utopie… Con questo non vogliamo avvallare un fuorviante culto dell’individualità. La nostra è una constatazione che il vero campo di battaglia sociale, del nostro paese, si è spostato dal fuori al dentro. Forse perché i giochi politici, spesso imposti dall’alto con sistemi coercitivi, non hanno lasciato altro spazio libero che quello riposto nel fondo del proprio io. Ed anche questo spazio non è esente da attacchi esterni, da parte di chiese o partiti, che vogliono imporre ad ogni individuo moralità e comportamenti omologati. Voglio illudermi che le battaglie per le libertà civili non siano state vane, che non tutto si sia disperso, ma di sicuro le prossime battaglie saranno quelle a difesa della propria individualità. Il prossimo scontro sociale sarà quello a difesa della propria anima individuale. Basta guardare anche ai recenti casi di teatro_satanico_1violazione sistematica della privacy della maggiore superpotenza occidentale, che con la pretesa dell’ennesima crociata contro il terrorismo (che sia la nuova caccia alla streghe?), vuole sbirciare dentro il privato di ogni cittadino. Questo sistema, basato sul paradigma monoteistico, non s’accontenta che gli individui si comportino tutti allo stesso modo, ma pretende anche che tutti pensino allo stesso modo. In questo contesto noi non vogliamo rappresentare niente e nessuno, né ci permetteremmo mai di farlo. Proviamo solo a dare voce al disagio indagando sulle sue origini profonde.

SODAPOP: Colgo lo spunto “sulle omissioni” per approfondire un aspetto che mi ha sempre affascinato di un certo ambito artistico. Giusto ieri, io ed Emiliano osservavamo una rara fotografia che ritraeva il compianto Pierpaolo “Mauthausen Orchestra” Zoppo. Altrettanto se non più rare sono le immagini che immortalano Maurizio Bianchi, ma potrei scomodare Salinger o addirittura lo stesso Kubrick. Tu ti riconosci in questa sorta di evanescenza iconografica, magari non tanto per l’ambito musicale di appartenenza quanto proprio per un approccio diverso, più rarefatto, metafisico, verso i fruitori del tuo mezzo d’espressione? Cosa rappresentano le nostre immagini e perché “devono” essere ancora accostate all’ arte che produciamo? Non è ancora una forma di idolatria alla fin fine?
TEATRO SATANICO: Ritorniamo un attimo in ambito più musicale, ricordando John Cage, il quale faceva osservare che il silenzio non esiste. Anche in una camera anecoica un essere umano sentirà sempre del rumore. Cage si riferiva probabilmente alla mera percezione acustica, però ritengo che lo stesso valga per la mente. Vi sono sì mistici di tutte le tradizioni che pretendono che si possa giungere ad un “vuoto mentale”, ma anche quest’ultimo cos’altro è se non una idea? Una idea forse quasi impalpabile, come fosse evanescente, ma pur sempre qualcosa di mentale. E qui non parlerei di metafisica, in quanto questo discorso si può ben articolare anche dentro i più definibili ambiti della filosofia post-analitica, anche se questo, ovviamente, non è il luogo di tali disquisizioni. In ogni caso vorrei far notare come le parole “idea” e “idolo” derivino dallo stessa radice etimologica, che è quella condivisa pure dal verbo “vedere”. Di fatto senza le “idee” non riusciremmo a vedere nulla. Ogni informazione ed ogni dato viene costantemente elaborato dalla nostra mente attraverso delle “idee”. Ma le idee sono solo uno strumento che ha un senso nel momento stesso del pensare, e non esistono certo come enti a sé stanti. L’idolatria si ha appunto quando ricadiamo nell’illusione metafisica, forse in conseguenza ad un abbaglio dovuto ai nostri giochi linguistici. Credo che non ci tocchi altra scelta che essere realisti ed essere consapevoli che la carica concettuale di un’opera d’arte potrà essere forte quanto si vuole, ma mai e poi mai questa da sola basterà a porre un riparo dal fraintendimento. L’idolatria è diretta conseguenza del fraintendimento. Solo in un mondo ideale l’opera non sarà mai confusa con l’operatore, il contenuto non sarà mai confuso con l’ideologia, l’azione con il proclama, il prodotto con la promozione… e così dicendo.
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SODAPOP: Le ultime prove del Teatro Satanico hanno messo in mostra una maggior varietà e complessità musicale rispetto al passato, tanto da rendere possibili paragoni con nomi noti del panorama musicale (su tutti, il primo a venirci in mente, è stato il frainteso apostata Ferretti). Da un lato questo è andato a scapito dell’immediatezza delle vocals, ora meno comprensibili, dall’altro porta ad accostarsi in maniera diversa e forse più problematica all’ascolto. È un cambiamento dovuto alla volontà di allargare la platea, al voler adattare il suono alla possibile svolta intimista di cui si diceva sopra, alla volontà di battere nuove strade o ad altro ancora? E in ogni caso, sono cambiati i vostri modelli ispiratori, se mai ne avete avuti?
TEATRO SATANICO: Penso che quello occorso al Teatro Satanico sia un mutamento dovuto al naturale corso del tempo. Ora stiamo per entrare nel periodo che per molti corrisponde alla “maturità artistica”. Una fase in cui la creatività trova il suo equilibrio in una controparte tecnica, per cui ci riesce naturale il proporre delle tracce che abbiano una struttura formale percepibile, composizioni che possono essere giustamente definite come “canzoni”. Certo è che se avessimo voluto allargare la nostra platea e raggiungere in breve tempo molti e più facili consensi avremmo continuato a proporre del drone informale di stampo industrial-noise che specie ora, negli ultimi anni, è diventato un fenomeno di genere marcatamente hipster, no? Al contrario non abbiamo mai fatto alcun calcolo in tal senso. Anche se siamo interessati a sperimentare con le strutture di linguaggio post-pop non è che per questo ci interessa conseguire una fama warholiana. Quello che a noi interessa è continuare produrre del buon materiale, materiale che non sia un assemblato di vacua superficialità ma che al contrario abbia un minimo di contenuto intellettuale, materiale che soddisfi le nostre aspettative e non i trend in corso, materiale che risulti interessante alle nostre orecchie sia adesso che più in là, oltre questo miope e asfittico panorama dell’immediato. Non sempre ci riusciamo, ma di sicuro sempre ci proviamo. Tutte le modifiche e i mutamenti di strategia che abbiamo intrapreso in questi anni hanno avuto quest’unica motivazione di fondo. Non ci vergogniamo del nostro passato, ma non è che per questo ci sentiamo costretti a ripeterlo all’infinito. Al contrario, dalle nostre esperienze passate cerchiamo di trarre insegnamenti per migliorare le nostre azioni future. Ora sappiamo che in giro vi sono dei fanatici “duri e puri”, adepti del noise radicale, che gridano allo scandalo o proclamano la propria delusione nei confronti del Teatro Satanico, “antesignani della scena noise italiana” che però non rispettano gli stereotipi del genere evocato. Beh, a questi replichiamo con una sentenza presa pari pari dai COUM Transmissions: “we guarantee disappointement”!
Venendo ai “modelli ispiratori”, non saprei cosa rispondere. Tutto quello che abbiamo ascoltato con attenzione ed interesse in passato, così come quello che continuiamo ad ascoltare tuttora nel presente, va in qualche modo ad influenzare quello che produciamo. Stilare delle liste sarebbe un mero esercizio di citazionismo inutile e ruffiano. Comunque sia il “quid” che ci spinge a produrre qualcosa di nuovo più probabilmente è proprio “la sensazione di quello che manca”, quello che in giro non ascoltiamo e che avvertiamo come assente.

SODAPOP: Il mutamento di cui parli ti ha spinto a migliorarti tecnicamente come musicista o semplicemente hai attinto a risorse che prima non utilizzavi?
In questo senso, i cambi di formazione che si sono succeduti nel tempo sono stati causa o effetto di questa nuova direzione?
TEATRO SATANICO: Il mutamento comporta un che di confusione per cui causa ed effetto non risultano essere sempre così ben discernibili. Ovvio che in ambito di laptop-music siano state proprio le migliorie tecnologiche degli ultimi anni ciò che ha permesso all’ home-recording di raggiungere gli standard qualitativi odierni, standard che solo fino a vent’anni fa erano impensabili al di fuori di uno studio di registrazione professionale. Ma se, come tu mi chiedi, come produttore e musicista io sia “migliorato”… ecco, lascerei valutare ad altri se ciò sia dovuto alla tecnologia od ad altro. Resto dell’opinione che se il Teatro Satanico, nelle ultime produzioni, ha un che di diverso, ciò sia dovuto al fatto che adesso siamo molto più attenti alla forma strutturale “post-pop” che al “sound”. Per fare un esempio pratico, chiaro e subito facilmente comprensibile, pensa un attimo ad Alma Petroli, un nostro lavoro del 2009. Là abbiamo pigliato una nostra singola traccia, comparsa all’interno di una compilation pubblicata sempre nello stesso anno, e l’abbiamo usata come sorgente audio da cui abbiamo ricavato tutte le altre tracce là contenute. Tracce ottenute esclusivamente e solo per mezzo della alterazione delle varie componenti strutturali del pezzo sorgente declinate, di volta in volta, nei modi più impensati. Anche in questo lavoro l’attenzione alla struttura è il punto di articolazione da cui tutto, ma proprio tutto, si dipana. Ma nel lavoro del 2009 questa operazione s’è svolta in modo più prettamente sperimentale, andando a divagare per i percorsi astratti della destrutturazione. Mentre oggi, nel 2013, siamo più interessati a confrontarci con strutture proprie della cultura post-pop contemporanea. Tuttavia le risorse tecniche che abbiamo impiegato nel 2009 sono pressoché le medesime che utilizziamo tuttora. Prova è che il “sound” di Alma Petroli non è poi molto diverso dal nostro ultimo XX.
Venendo alla seconda parte della tua domanda, ecco che inizialmente i cambi di formazione sono occorsi in seguito all’esigenza di proporre il Teatro Satanico come “live set”. Il Teatro Satanico si è esibito per la prima volta dal vivo nel 2007. Kalamun è l’unico elemento che fin da allora è rimasto in pianta stabile nella line-up del Teatro Satanico. La sua attiva collaborazione è stato un elemento catalizzatore per il lavoro finora proposto dal Teatro Satanico. Questo anche perché io ho un temperamento fin troppo ondivago e dispersivo, quindi la sua presenza più e più volte è stata letteralmente essenziale per mantenere il progetto entro i piani operativi prefissati. Altro elemento valido che si è aggiunto da relativamente poco è Mauro Martinuz, sound-engineer davvero molto molto abile.
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SODAPOP: Per lungo tempo le canzoni del Teatro Satanico hanno testimoniato un forte legame col territorio veneto, a livello di utilizzo della lingua (Pan Ist Tod, El Prete), di attenzione a personaggi e fatti di cronaca (Confesso Tutto!, Freda) e alle tradizioni locali (El Canto Pagan Del Monte Suman). Poi, col CD in cofanetto Veneto, avete in qualche modo concluso e sigillato questa esperienza. Ce ne vuoi parlare? Consideri sempre vivo il legame con la tua terra, intesa come fonte d’ispirazione, o è un filone esaurito?
TEATRO SATANICO: Vero che in passato coi testi in veneto avevamo declinato l’idioma dialettale in tutti i modi possibili, toccando sia toni più lirici, un po’ sulla falsariga di Andrea Zanzotto, ma non lesinando nemmeno la più dissacrante ironia, che era cara al compianto Luigi Meneghello. Però abbiamo notato che molte persone prestavano meno attenzione al lavorio sulla parola ma piuttosto si lasciavano fuorviare dalla patina pseudo-folk che la lingua dialettale evoca. O peggio, c’era anche chi interpretava il nostro lavoro come una sorta di giustificazionismo per delle ideologie para-nazistoidi che troviamo aberranti. Niente da rinnegare del lavoro fatto in passato, anzi, con quella scelta operativa noi, in tempi non sospetti, quando ancora il glocalismo non era di moda, abbiamo portato un briciolo di novità e di inventiva nella scena post-industrial, che, per quel che riguarda l’uso degli idiomi, ora come ora è tra le più reazionarie che vi siano, appiattita com’è nel più becero provincialismo idiomatico. Comunque sia il Teatro Satanico non registrerà più alcun brano in veneto, anche perché la cosa cominciava a diventare scontata come uno stereotipo. Per il resto, lingua a parte, i nostri testi continuano a coagularsi attorno a quei noccioli concettuali di sempre, che, ora come in passato, sono sempre evidenti. Così evidenti che è inutile che stia qui a dilungarmi in merito.

SODAPOP: Nella recensione di XX abbiamo messo in evidenza come sia un disco caratterizzato da un pervasivo senso della fine, arrivando a chiederci se la cosa non riguardasse anche il percorso del Teatro Satanico. Parlandoti ci sembra evidente che non sia così, ma si può prevedere cosa riservi il vostro futuro?
teatro_satanico_5TEATRO SATANICO: Non so che dirti. Il punto è che col Teatro Satanico ci muoviamo sempre nella più assoluta precarietà. Vero che le nostre ultime uscite hanno avuto sempre maggiore consenso sia di critica che di pubblico, però questo vuol dire poco o nulla. Guardiamo ai dati concreti, perché al di là di tutti gli attestati di stima e al di là di tutte le buone parole spese a nostro favore, non abbiamo niente in mano. Nedac, la “one-person-label” che ha stampato XX, ha trovato degli accordi per una distribuzione di questo disco all’estero, ma non in Italia. Non possiamo chiedere a Nedac di farsi onere anche di una seconda release se prima non avrà risolto questa faccenda che è cruciale per la sua stessa sopravvivenza. Allo stesso tempo non abbiamo nessun contratto od accordo con nessuna altra “indie label”, che, nell’eventualità, preferiremmo essere italiana. Quindi non sappiamo con chi mai potremmo pianificare un possibile prossimo disco. Ora, pur avendo le radici solidamente piantate qui, in questa terra, dobbiamo giocoforza continuare a guardare oltralpe? Forse sì, visto che la prossima esibizione dal vivo del Teatro Satanico si terrà il prossimo primo novembre a Berlino. Nessun altro concerto ci è stato proposto in Italia, sembra che non ci vogliano nemmeno nei festival di settore. Ora, se andiamo in Germania a proporre un repertorio che è composto anche di una consistente manciata di canzoni in lingua italiana, non credi che ci farebbe piacere poterci esibire qua? A volte ho l’impressione che la fine per il Teatro Satanico sia già arrivata tempo fa e ancora non ce ne siamo resi conto. E tutto questo non ha nulla a che fare con la creatività. Testi, idee e appunti ne scriviamo di continuo, ma come possiamo fare piani per una eventuale uscita futura se già stando alle condizioni attuali non si riesce ad avere proprio nessuna chance? Futuro è una parola che nel nostro caso ha davvero ben poca sostanzialità. Per noi è già davvero molto se riusciamo a sopravvivere a questo presente!

SODAPOP: Bene, direi che è tutto. Ti ringraziamo per la disponibilità e la pazienza.
TEATRO SATANICO: Grazie a voi per l’interesse e l’attenzione mostrataci di tutto cuore, davvero! A presto.