Ryan Powers Boyle – S/T (Far And Away, 2010)

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Indeciso se suonare in una band o fare tutto da solo, questo cantautore, originario di St. Petersburg Florida, alla fine sceglie la strada apparentemente più facile e comoda, senza avere idea che il dover fare tutto da solo gli ha portato via tre anni della sua vita: il debutto omonimo è uscito in estate inoltrata del 2010. Da canzoni di durata radifonica a pezzi più lunghi con arrangiamenti e liriche che ogni tanto si distaccano da quello alla fine dovrebbe essere l'ennesimo disco indie folk 25 oriented. Sì perchè se a quell'età un po' ti piacevano le menate nostalgiche, dopo magari le tue paure diventano più concrete e tangibili e quasi sei portato a diventare insofferente verso fenomeni indie hipster che scoppiano di salute eppure si lagnano di tutto tra un concerto e un aperitivo, quasi fossero un esercito di incompresi (e davvero in alcuni punti la voce di Ryan da piacevole diventa uno strazio). E via che fioccano dischi su dischi, tutti carini e nostalgici, con tanto rumori di pioggia in sottofondo e sirene della polizia. E qui davvero, la press sheet poteva anche evitare il riferimento abusato agli Animal Collective che, almeno stavolta, non c'entrano proprio nulla. Non è nemmeno giusto liquidare questo l'esordio di Ryan Powers Boyle così, anche se 65 minuti sono davvero troppi da reggere. Non aiutano le foto con capottino da marinaio, cravattino sopra la maglietta skinny e pose in pieno stile Vogue. Il talento c'è anche, ma certi dischi davvero dovrebbero vietarli ai maggiori di 30 anni anche perchè dopo non sai come mai ci si ritrova a leggere frasi del tipo: "If Carl Jung was an indie radio dj, this is the stuff he would play".