Ronin – 14/02/10 Arci Dallò (Castiglione Delle Stiviere – MN)

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Per pochi gruppi, credo, il suonare dal vivo è necessario come per i Ronin. Necessario per testare e sviluppare i pezzi, ma soprattutto per dar risalto ad aspetti che su disco non emergono, dando così una visione a tutto tondo di quello che è la band. Stasera ne avremo ulteriore conferma. Nella stretta stanza a volta, quasi un tunnel, che funge da sala concerti per il piccolo club mantovano, i quattro musici si dispongono con Bruno Dorella e Nicola Ratti, armati delle loro semiacustiche, in prima fila e la sezione ritmica Martino-Rotondaro defilati sul fondo. Non è comunque solo la posizione a far spiccare i primi due: Ratti sfoggia una pettinatura degna del miglior Elvis, Dorella un'improponibile camicia sottratta al guardaroba di Drugo Lebwoski; quando si dice "classe". Essendo il tour di presentazione de L'ultimo Re è su questo album che s'incentra la scaletta, eppure l'atmosfera è assai diversa da quella che percepiamo dal dischetto di plastica. Innanzitutto pur trattandosi di musica riflessiva, a volte quasi intimistica, quello dei ronindall-------------------------------------ronindallRonin è un concerto da gustarsi in posizione eretta, dove continuamente si è indotti a battere il piede e a farsi trascinare dal ritmo. E se ciò è scontato per pezzi come Fuga Del Prete, lo è meno per i tranquilli (almeno su disco) Lo Spettro e Morte Del Re ed il merito è da ascrivere soprattutto al drumming secco di Enzo Rotondaro. Altra differenza: alle atmosfere serie, finanche cupe dei pezzi, si contrappone l'ironia dei musicisti che emerge negli intermezzi di commento e presentazione ai pezzi. Diciamo la verità, un loro concerto non è una cosa del tutto seria (non me ne vogliano…). O piuttosto lo è la musica, com'è suonata e quello che esprime, mentre le parole, per scelta stilistica fuori dal discorso musicale, bilanciano con dosi abbondanti di ironia e autoironia, dando al contempo l'idea che quello che c'è di politico nella loro musica (temi delle canzoni, scelte di gestione del gruppo) non possa dissociarsi dall'umano, cosa non scontata come potrebbe apparire. È questo quello che si respira in una serata come questa, serata di cui, mi rendo conto, dopo 1800 battute ho parlato assai poco. Fatemi così almeno citare una versione così spettrale de I Pescatori Non Sono Tornati, che pare estratto dalla colonna sonora di The Fog (l'originale, non quella merda del remake), i pezzi etnici come L'Etiope e Canzone D'Amore Moldava, che pur parlando lingue distanti sono assolutamente rock'n'roll e un Dorella che, oltrepassato il limite dell'inesistente palco per osservare la sua band dalla prima fila, nel rientrare in posizione trascina con sé fili, alimentatori e quant'altro. Gran finale semi-catastrofico, poi è solo il tempo delle parole con il líder a narrare avventure di tour e gag varie. Un altro momento imprescindibile di un (post)concerto dei Ronin.