Psycho Kinder – Perì Phýseos (Fonetica Meccanica, 2021)

Psycho Kinder, entità mutevole ma dotata di un baricentro ben saldo, capace di trova ogni volta nuovi compagni che ne condividano l’indole composta e oppositiva, si presenta all’appuntamento del sesto album con un titolo che rivela senza possibili fraintendimenti la fonte a cui i testi attingono: Perì Phýseos, Sulla Natura, opera del filosofo greco Eraclito. Come già annunciato, il lavoro è condiviso con Maurizio Bianchi, personaggio che non necessita presentazioni e del quale è giusto appena ricordare la scelta di estraniarsi dalla vita pubblica che lo rende ideale fiancheggiatore della poetica disallineata di Alessandro Camilletti. Che in questo nuovo episodio l’artista marchigiano metta la voce ma non le parole non rende il lavoro meno personale: l’attenta ricerca e selezione di brani altrui e la loro ricomposizione in un’opera coerente ed autonoma, è di per sé un atto creativo originale, cosa evidente nella grande quantità di rimandi e suggestioni che i concetti, pur disposti secondo il linguaggio sintetico proprio delle ultime pubblicazioni dell’autore, sanno creare. La voce stessa, sempre recitata, talvolta filtrata, conferisce alle parole peso sempre diverso frazionando il testo per l’intera lunghezza del brano (Track 8), duplicandolo in mantra che ne rafforzano i significati (Track 6) o in loop che ne creano continuamente di nuovi (Track 4 e Track 9), oppure ergendosi lapidaria per poi lasciare spazio al suono (Track 3) di un Bianchi particolarmente in palla, capace di creare musiche esse stesse strumento per la trasmissione e l’approfondimento dei contenuti. Perì Phýseos è innanzitutto un’opera che guarda alla realtà da una diversa prospettiva, quella di un cosmo increato e di un tempo circolare, vedendo in questo moto perpetuo, che porta gli estremi a toccarsi, una fonte vitale: quanto l’idea di una simile fusione possa essere impopolare, in tempi di pigri manicheismi e di settarismo ottuso, non è inutile sottolinearlo. Questo disallineamento rispetto alla retorica imperante lo evidenzia già il primo brano che chiama a raccolta i prescelti: nottivaghi, magi, posseduti da Dioniso, menadi, iniziati. Se siete fra questi potrete conoscere la natura del cosmo (Track 2) e capire che “Ciò che si oppone converge, e dai discordanti bellissima armonia” (Track 3); è a questo punto che la musica, fino ad ora discreta accompagnatrice, esplode in 11 minuti di massimalismo sonico fra droni impazziti, svisate dal sapore prog, ritmi, volumi assordanti: un’ipertrofia che sottolinea l’idea dirompente portataci dalle parole e ci conduce in un attimo oltre la metà del lavoro. Qui i contorni si fanno meno definiti, la lingua più allusiva e le immagini maggiormente esoteriche; il senso generale rimane chiaro, ma altri possibili significati si affiancano al filone principale, fra fanciulli che giocano a scacchi su dub post-industriali (Track 8) e improvvise rivelazioni durante inquieti dormiveglia (Track 7). L’invito finale a sperare l’insperabile, irraggiungibile con la sola razionalità, sigilla un lavoro dal peso specifico notevole, indisponibile al compromesso ma propositivo, esso stesso apprezzabile solo staccandosi da ogni convenzione e idea preconcetta. Fatevi iniziare, dunque.