Psyche – The Influence (Final Muzik, 2012)

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Nella categoria recensioni minori o per “adepti del Goth” (esiste un gruppo nato dalle mie parti su fb con questo nome ed ho pensato di citarlo) ripeschiamo questa uscita a nome Psyche. Il disco in realtà risale al 1989 e se la recensione la trovate solo ora non dipende dal mio solito colpevole ritardo. O non solo, stavolta. Gli Psyche – band canadese della provincia di Alberta originariamente costituita dai fratelli Huss, Durrin e Stephen – si sono formati nel lontano 1982 e, pur rimanendo sottotraccia per anni, esistono ancora ed hanno trovato una loro nuova patria in Germania (recente è il tour coi teutonici veterani del post punk wave/suicide commando No More, provenienti dalla ventosa Kiel). Tutto questo dopo svariati rimaneggiamenti della formazione.
I due fratelli si separarono inizialmente nel 1989 e Durrin, trasferitosi dal 1991 in Germania, rimane ad oggi l’unico membro della band presente. Se tale separazione all’epoca fu causata, anche se non solo, da un principio di schizofrenia che colpì Stephen, direi che ci sono tutte le premesse per creare su questo progetto/ritorno/riuscita un’atmosfera di curiostià anche morbosa, pane per i denti di chi ha fatto della malattia e della devozione per i Joy Division una ragione di vita. The influence esce al suo 23mo anniversario grazie al prezioso contributo della Final Muzik di Gianfranco Santoro, etichetta friulana, quasi una sorta di tributo ad una band che, nonostante numerose uscite e la permanenza da più di sei lustri, non ha lasciato tracce così note, tantomeno in patria. Ascoltare oggi il progetto rimasterizzato diventa quindi sicuramente una cosa piacevole, opportunamente rimaneggiato con l’aggiunta di cinque bonus track e la collaborazione di David Kristian che da vent’anni tratta musica elettronica tra IDM e electro pop e Stefan Rabura, nuovo compagno di viaggio di Darrill. Ovviamente le soluzioni paragonate a ciò che si può fare oggi con un lapotop e un paio di programmi craccati sono assai ripetitive, ma questo è un segnale di pregio e minimalismo synth pop, più che un segno di invecchiamento dell’album. Tutte le canzoni hanno la loro incisività e una vena pop sopra la media rispetto a tante blasonate band che stanno riportando alla luce questo suono. Dalla traccia Misery, vero gioiellino pop anni ’80 per discoteche buie e sotterranee, alle atmosfere dark e inquitenati di Haunted. La voce di Darrill seppur buona, certo non buca per personalità, paragonata ad esempio a quella di Dave Gahan (il disco uscì lo stesso anno di successi e hit come, per citarne uno, Personal Jesus, piacciano o meno i Depeche Mode). Se quindi gli Psyche erano stati all’epoca oscurati, per non dire sotterrati, da presenze dancefloor più ingombranti (in tempi in cui nemmeno esisteva la rete) un’operazione-riscoperta come questa sicuramente è da premiare, al di là della sua imprescindibilità.