Conosco Populous e la sua splendida musica da più di 20 anni, da quando Quipo ed il suo suono (ai tempi) astratto ed immaginifico ci stregò tanto da riuscire a farlo salire nella Svizzera italiana dei tempi per un magico live set a Mendrisio, corredato da un controllo in dogana che ancora ricordo con un misto di imbarazzo e risate. Il tempo è passato e con Isla Diferente, prima uscita per la sua label personale, Latinambient, non poteva esserci occasione migliore per andare a fotografare questa ennesima tappa di un viaggio che partendo dalla Puglia sta circumnavigando il globo.
Ciao Andrea! Spero tu stia bene, ho seguito l’uscita del disco e mi sembra che i riscontri siano meritatamente più che buoni. Ma vorrei partire dall’inizio: perché Populous è, soprattutto, cosa significa portare con sé un progetto personale che ha più di 20 anni, arrivando anche alla decisione di aprire una label personale?
Premessa: non ho aperto un’etichetta perché in passato mi sia trovato male con qualcuno. Anzi, ho sempre avuto la fortuna di incrociare il mio percorso con persone stupende, che mi hanno sempre lasciato massima libertà. Alla fine mi hanno insegnato tanto, e questo mi ha forse portato a credere di essere in grado di gestire da solo una label, La verità è che stavo cercando di aggiungere un po’ di pepe al tutto. Non volevo ripetere all’infinito lo stesso iter, così mi sono detto: “Perché no?”. Mi sento un po’ come quelle coppie sposate che, per sopperire ad una naturale stanca da routine, ad un certo punto si aprono.
Ho sempre apprezzato il tuo gusto nello scovare e valorizzare talenti, con semplici segnalazioni che si sono sempre trasformate in fritte parecchio intriganti (grazie ancora per Gaia Rollo, stupenda!). Ti senti un talent scout? È con questo intento che hai aperto Latinambient o la mossa è più dettata dal fatto di poter lavorare come meglio credi sul tuo materiale?
Questa cosa di provare a scovare artisti e, forse prima ancora, tendenze, è una cosa che mi piace da sempre. Infatti i miei amici mi continuano a ripetere questa faccenda della label da anni. La cosa divertente è che, ridendo e scherzando, ho già una seconda uscita di Latinambient, in programma per il prossimo autunno.
Negli anni i tuoi movimenti sono sempre stati decisi e rappresentati dagli ambienti dei tuoi album, da Lisbona a Lanzarote in maniera esplicita, ma a livello discografico c’è stata anche la Berlino di Morr Music e Folk Wisdom, la Brooklyn di Wonderwheel, la Pordenone de La Tempesta e la Roma di Disaster by Choice. Ma dov’è casa per Populous? Cosa significa a posteriori questi peregrinare fra diverse etichette discografiche?
Casa mia è a Lecce. È un posto che ho rinnegato e odiato per lunghi tratti della mia vita. Un luogo pieno di difetti e contraddizioni, ma alla fine tremendamente ispirazionale.
Dalla Puglia a Lanzarote: cos’è successo? Chi ti ha portato fin lì? Ci eri già stato? Come ha preso forma Isla Diferente?
Si c’ero stato l’anno prima. Ho fatto una vacanza con 5 amici gay pazzi, che chiaramente avevano sbagliato isola e, invece che andare a Gran Canaria a fare le pazze al Jumbo (il centro commerciale che di notte si trasforma in enorme night-club per tutti i tipi di kinky), sono finiti su un’isola spettrale, aliena, ascetica. Durante quella settimana ho capito che sarei tornato solo per scrivere musica. E così è stato, un anno dopo. Sono felice del disco, ma soprattutto sono felice di quelle settimane trascorse in modo sereno e naturale.
Sul disco la tua musica si intesse con diverse forme vocali: Fuera, Eva de Merce, Javier Arce, Esóterica Musical. A che punto sono entrati nel tuo viaggio, nella tua residenza? La musica ha richiesto una presenza vocale sin da subito o è stata là post-produzione effettuata a creare un certo stimolo?
Le voci, tutte le voci, sono entrate in un secondo momento, come fossero quasi degli strumenti musicali che completano una partitura. L’idea iniziale era quella di tenere il disco strumentale. Poi però, la ricerca di questo suono organico, che richiamasse la matericità dell’isola, mi ha portato a desiderare anche textures vocali. In base al mood di ogni brano sono state poi abbinate delle proposte.
Altre sue figure fondamentali in questo disco mi sembrano essere Rocco Rampino e Bot, ti andrebbe di spiegarci perché la scelta è ricaduta su di loro e cosa ti hanno portato fra stimoli e suono?
Mi fa troppo sorridere il fatto di aver riunito su un disco del genere due eroi della dance italiana. Quando Crookers e Congorock facevano tour mondiali, io non avevo fatto un dj-set neppure per sbaglio. Ero totalmente lontano da ogni idea di dancefloor. Rocco lo conosco letteralmente da una vita. È stata una figura fondamentale per la mia crescita musicale. Doveva succedere di lavorare assieme prima o poi. La scelta di lavorare con Bot invece è stata un po’ dettata dal fatto che cercavamo un sound engineer che ci potesse restituire un suono rotondo in fase di mix e mastering.
Per Isla Diferente a mettere mano ed immaginario c’è Daniele Castellano ma da sempre i tuoi album sono legati a doppio filo con la grafica e l’immagine (da Jan Kruse ad Humanempire, Kae e Nicola Napoli). Spesso l’immagine è, come nella tua musica, unione fra digitale e umano, a cercare un equilibrio od una summa fra le due correnti. Come ragioni in questo senso? L’immagine è ispiratrice o summa del suono?
Non sono un vero e proprio esperto di arti figurative, ma trovo estremamente affascinante l’illustrazione in tutte le sue forme, perché lascia molto spazio all’immaginazione. Io parto sempre dalle immagini, dai colori, per cui è fondamentale affiancarsi a dei bravi artisti che siano in grado di decifrate le tue visioni. Perché di questo si tratta: visioni in musica.
Il suono, il sueño latino, escono e sembrano essere parte integrante di Populous. Qual è stata la molla che ti ha portato in questa direzione, in questo mood pericoloso?
Sono anni che ascolto solo musica ambient e ritmi latini. Ritmi latini e musica ambient. Chiaramente per i dj-set faccio anche tanta ricerca fra robe dance più standard, ma gli occhi luccicano ormai solo per questi due macro generi, che racchiudono mondi vastissimi e spesso ancora inesplorati. Quando poi due culture così distanti e apparentemente inconciliabili si incrociano, boom!
La musica latina ed ispanica può essere croce e delizia, croce per la scellerata promozione e sostegno a forme artistiche che andrebbero troncate sul nascere. La tua è una via, al contrario, soulful e profonda. Come poter invertire il cambio di rotta, verso ad una fruizione che non sia semplicemente un tanto al chilo ma che possa scoprire quanto di buono un continente (e più) abbia da offrire?
Io non sono totalmente d’accordo con questa visione tranchant. Ovvio che la cultura latina di massa che arriva in questa parte del mondo è spesso spazzatura. Allo stesso tempo, quando le avanguardie si mischiano con un background latino è lì che c’è il futurismo di cui spesso parlo. Sono anni che penso che l’Europa non abbia più nulla di interessante da proporre. Dunque, se per ascoltare qualcosa di veramente nuovo dobbiamo sorbirci in radio anche della spazzatura, beh… pazienza!
Prossimi progetti? Ascolti, intenzioni?
Ho appena finito un EP club oriented. Sto lavorando alla seconda uscita di Latinambient. Sto ascoltando a manetta una cantautrice argentina che si chiama Juana Aguirre.
Andremo subito all’ascolto e grazie mille per la chiacchiera Andrea! Buona estate…
Saluti a voi!