Philippe Lamy & MonoLogue – Blu Deux (Phinery, 2016)

Quello fra il veterano francese Philippe Lamy e l’italiana Marie Rose Sarri, in arte MonoLogue (ma anche Moon RA), è un lavoro cooperativo dove i confini fra il contributo dell’uno e dell’altra si confondo fino a scomparire, consegnandoci un’opera che avrebbe potuto benissimo uscire sotto una ragione sociale comune. Ma forse è giusto così perché oltre ai due autori è l’ascoltatore ad essere chiamato ad aggiungere il proprio nome, ad avere un ruolo nella composizioni col puro atto dell’ascolto. Blu Deux è musica senza forma definita ma non informe, forgiata da una ben precisa idea del suono e dello spazio: si sviluppa nel vuoto per brevi linee rette e traiettorie spigolose che vanno a intercettare relitti di melodie, sacche di rumore, sequenze di percussioni techno andate a male, accumuli di glitch. Questi segmenti di suono fratturato vengono sorretti da coltri ambientali di tenui frequenze disturbate e gorgoglii che a malapena intaccano il silenzio: se si esclude Prime Parole, Dernière Pensée – caratterizzata da una chiara impronta  post-industriale e massimalista – proprio il silenzio è una presenza incombente in tutte le tracce. Potete scegliere di ascoltare Blu Deux in cuffia, godendo della qualità del suono e di ogni sua sfumatura (è quanto suggeriscono gli artisti), oppure lasciando che si propaghi nello spazio e che i suoni dell’ambiente penetrino nelle composizioni riempiendo i vuoti. Fermo restando che una soluzione non esclude l’altra, propendo personalmente per la seconda: quella di Philippe Lamy & MonoLogue è musica contemporanea non tanto per l’adesione a qualche particolare genere o tendenza ma per la sua capacità di aprirsi al qui e ora, facendo propri i mutamenti del mondo circostante.