Paolo Ippoliti – Vanishing point (Nighthawks Tapes, 2008)

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Paolo Ippoliti per inaugurare l'etichetta erede della Kosmik Elk Mind e della S'agita, punta su se stesso e così assembla una specie di collage sonoro in cui quelli che su altri dischi sarebbero difetti, in questo caso diventano a tutto diritto gli attori principali della registrazione. Fruscii, sovrapposizioni di registrazioni (nastri?), definizione lo-fi, taglia e cuci su materiali apparentemente assemblati in modo randomico (ma che come al solito fanno la differenza fra buon gusto e cattivo, con buona pace di Fred).
Memorie dal sottosuolo? O forse più semplicemente sovrapposizioni da segreteria telefonica? Diciamo che Vanishing Point cuce un vestito per un arlecchino che si veste di fruscii in saturazione, dialoghi in "layering" (quante ne so!?) e loop spontanei che mandano in trip come qualche vecchio cortometraggio surrealista. Ippoliti in atmosfera da Cane Andaluso sembra ammorbidirsi sul secondo lato, ma ritorna il tema delle conversazioni (credo che alcune siano tagli di registrazioni radio), sovrapposte scomposte e ricucite a colpi di machete, e così ne consegue quell'effetto di conversazione fatta a blackout oppure da "memoria che salta skippando". Se in veste di Boombox Borealis il flusso non viene mai interrotto, in questo lavoro invece Ippoliti sembra attratto dall'idea di creare sì un flusso (che a quel che noto è un po' la sua pozzanghera preferita), e di farlo in modo che tutto vada botte di stop and go così bruschi e repentini che dopo pochi secondi si finisce per farci l'abitudine. Per altro fra i discorsi in inglese emergono stralci in romanaccio, pastrocchi presi da chissà dove e scarti di lavorazione di chissà che cosa. Come per i materiali della Kosmik Elk Mind non posso che consigliarvi caldamente di cercare la roba della Nighthawks Tapes anche perché nobilitano l'idea dell'autoprodursi anche a livello sperimentale e di fare le cose per bene con pochi mezzi.