Pankhurst – Out Of The Kingdom (Sheratan, 2023)

Poi, di punto in bianco, 5 pezzi dai Pankhurst, punk band italiana con base al centro del buco nero del potere mondiale, Whashington DC. Escono l’8 marzo e si sono battezzati con il cognome di Emmeline Pankhurst (nata Goulden), attivita e politica inglese che diede un bel colpo al movimento fondando la Women’s Social and Political Union nel 1903. 120 anni dopo i nostri quattro arrivano, volti irriconoscibili attraverso siti e social.
Out of the Kingdom è il loro terzo ep dopo i precedenti The Vote del 2019 ed On The Border del 2021, il primo per la carpigana Sheratan Records, dura 13 minuti ed è la perfetta fotografia dei Pankhurst.
Attaccano con Faith’s Gone che di programmatico ha già il titolo, un monte di suono che cresce in maniera subitanea e ti trascina, quasi l’urlo di qualcuno che si sia sentito abbandonato. Unico brano a varcare la soglia dei 3 minuti alterna fasi strumentali e cantate come onde, in cui si sente l’influsso di certe esperienze californiane che, per rimanere in tema, non ritenevano la religione cosa buona. Poi uno stop and go tra l’acustico e l’elettrico in una Warn calda e cadenzata che potrebbe essere di casa in un pub alla periferia di Barkin, con Billy Bragg che dall’angolo ne alza una per un brindisi. LA U KBAR è incazzata il giusto, liberatoria nelle esplosioni e nelle urla, squadrata e. Di seguito Watch Him Bleed, che nasce quasi folk e barricadera per poi alzarsi di tono e prendere un bel brio strumentale, lanciando singalongs ai quali viene difficili resistere. Chiudono con Take me Home, rock all’imbrunire che torce budella e dotti lacrimali.
Il suono dei Pankhurst sembra indugiare in quell’attimo in cui i musicisti folk, avendone pieni i coglioni, vollero alzare il volume e farsi ascoltare da tutti. Una voce che mi sembra abbia scelto i padri putativi nei nomi citati, in Jello Biafra e nella giusta rabbia che monta e scende.
Out of The Kingdom è il terzo ep dei Pankhurst, ormai pronti a sviluppare un discorso più lungo, anche a livello narrativo, portando avanti con personalità e qualità un discorso di coerenza politica e musicale ammirevole. Il peculiare percorso di immagine è stato studiato a fianco di Alessandro Rocca e Martina Mele, aka Destination Film, che hanno curato in questo caso i due videoclips.